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L'isola di Sachalin - Anton Cechov - copertina
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L'isola di Sachalin - Anton Cechov - copertina
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Descrizione


«Per quanto si riferisce a me, non provo appagamento alcuno per il mio lavoro, perché lo trovo meschino» scriveva Cechov all'amico Suvorin nel 1888. «Se è ancor troppo presto per lamentarmi, non lo è mai abbastanza per domandarmi: mi occupo di una cosa seria o di sciocchezze?». Il viaggio che, armato solo del passaporto e di una tessera di corrispondente di «Novoe vremja», intraprenderà due anni più tardi per studiare la vita dei deportati nella colonia penale di Sachalin è la drastica risposta a questo interrogativo. Sbarcato ai confini del mondo, in un luogo dove Puskin e Gogol' sono incomprensibili e inutili e «l'anima è invasa da quel sentimento che, forse, ha già provato Odisseo mentre navigava per mari sconosciuti», Cechov riuscirà-malgrado il boicottaggio delle autorità e un clima che «predispone ai pensieri più foschi» - a penetrare nell'inferno della katorga e a denunciare, con una precisione e un'obiettività dietro le quali fremono pietà e indignazione, il fallimento di un sistema dominato da ingiustizia e corruzione, e colpevole di infliggere «il grado infimo di umiliazione sotto il quale un uomo non può scendere». Ma riuscirà anche a fissare nitidissime visioni di sconvolgente bellezza: le contadine che nella valle dell'Arkaj, per ripararsi dalla pioggia, si legano intorno al capo gigantesche foglie di bardana e «sembrano scarabei verdi»; le lunghe strisce di sabbia che separano il Golfo di Nyj dal mare tetro e malvagio; i giljaki, dai larghi sorrisi beati che possono lasciare posto a un'aria «dolorosamente pensierosa, un po' come le vedove»; le donne ainu dalle labbra tinte di blu, chine sui pentoloni come streghe a rimestare la zuppa di pesce.
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Dettagli

2017
15 giugno 2017
464 p., Brossura
9788845931680

Voce della critica

Nel 1895 Cechov pubblica il diario del suo viaggio, dall’aprile al dicembre del 1890, a Sachalin: Dalla Siberia all’isola Sachalin, questo il titolo. La grande isola artica, a Nord del Giappone, poco distante dal continente, controverso territorio assegnato alla Russia con i trattati del 1875, diventa una colonia penale nel 1869. Le pubbliche narrazioni di finalità – farne una colonia “agricola di correzione” – subito confliggono con la morfologia del luogo, la sua impraticabilità, il clima – “il luogo più piovoso di tutta la Russia”, “per 181 giorni l’anno è sottozero” – la sua improduttività e la banale quotidiana violenza. Il trentenne Cechov – nel suo bagaglio pistola e macchina fotografica – inizia a scrivere nel pieno della traversata siberiana. [...] La scrittura è brillante, la narrazione fitta di occasioni, di avvenimenti. Minimalista, certo, la pagina, ma nel freddo e nella neve sono vividi e quotidiani oggetti, animali, fisionomie, il suono delle catene della colonna di detenuti in movimento, animosi e avventurosi gli incontri lungo la trafficata pista transiberiana [...]. Cechov riesce, una volta a Sachalin a visitare izbe e nuclei urbani, flora e fauna, consistenti rappresentanze della popolazione autoctona e sottoposti alla pena nei vari stadi: detenuti – in catene e senza catene –, coloni, proprietari di terre assegnate, contadini e in né uomini liberi. Rari i percorsi a esito felice: su cinque detenuti tre hanno tentato di evadere, due direttori, Selivanov e Derbin, particolarmente crudeli, sono stati uccisi dai detenuti. Impiccagioni, frusta e bastone dominano la scena. Omicidi continui – di detenuti, guardie, di giljaki e ainu i miti nativi – sconvolgenti per “insensatezza e crudeltà”, cimici e parassiti ovunque, gioco d’azzardo del faraone che segna e cancella il tempo dell’inedia e della nostalgia, corruzione e prostituzione delle donne libere e detenute, di mogli e glie, la sifilide o “mal giapponese”. Tuttavia non è questo un libro sulla katorga, un capitolo di letteratura carceraria comparabile – come si è fatto – alle Memorie del sottosuolo o ai Racconti di Kolyma o a Una voce dal coro. Sono piuttosto le pagine di una corposa inchiesta sociosanitaria – medico Cechov lo è –, capitoli di un antropologo, di un appassionato di ora e fauna ed esperto di pesca. Una distanza c’è sempre, anche dove, come negli ultimi capitoli, si libera la narrazione più pertinente al concentrazionario.

Recensione di Piero Del Giudice.

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Conosci l'autore

Anton Cechov

1860, Taganrog (Russia)

Scrittore e drammaturgo russo. Cresciuto in una famiglia economicamente disagiata, si trasferì nel 1879 a Mosca dove si iscrisse alla facoltà di Medicina. Laureatosi nel 1884, esercitò solo saltuariamente, dedicandosi esclusivamente all'attività letteraria. Nel 1890 raggiunse attraverso la Siberia l'isola di Sachalin, sede di una colonia penale, e sulle condizioni disumane in cui vivevano i forzati scrisse L'isola di Sachalin. Minato dalla tubercolosi, passò vari anni nella piccola tenuta di Melichovo, nei pressi di Mosca. Nel 1895 conobbe Tolstoj, cui rimase legato da amicizia per tutta la vita. Nel 1900 venne eletto membro onorario dell'Accademia russa delle scienze, ma si dimise due anni dopo per protesta contro l'espulsione di Gor'kij. Nel 1901 si sposò....

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