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L'Italia al bivio. Classi dirigenti alla prova del cambiamento 1992-2022
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Descrizione


"Capitalismo 'ben temperato' voleva dire pensare al lungo periodo e non al breve. Sono meno di dieci anni che negli ambienti accademici si è cominciato a riflettere sugli squilibri che questo ha comportato, sulle necessità quindi di uno "Stato riequilibratore", fino ad arrivare agli ultimi tempi, in cui sono tornati in auge gli interventi pubblici di politica industriale. Fino a dieci anni fa era impossibile parlarne. La vera domanda è: pensiamo al futuro o solo al presente?" "Rispetto ai cambiamenti a livello globale, la mia preoccupazione maggiore per l'Italia è che noi non abbiamo attirato e non stiamo attirando nessuno dei grandi protagonisti dell'economia contemporanea. È una mia convinzione profonda che questo sia un danno enorme per la nostra economia presente e futura. Non una fabbrica di batterie, non una di automobili elettriche, non una grande fabbrica di chips. Il giorno in cui l'Italia sarà capace di attrarre uno di questi grandi investimenti, usciremo dal purgatorio. Le occasioni le abbiamo avute, ma non siamo riusciti perché non abbiamo alle spalle un sistema." (dall'intervista a Romano Prodi) Dall'inchiesta di Mani pulite alla firma del Trattato di Maastricht, dall'adesione dei sindacati alla politica dei redditi, che ha salvato il Paese da un'inflazione devastante, alle privatizzazioni: le classi dirigenti italiane - politiche ed economiche - si sono trovate a gestire una fase critica di profondo cambiamento. Quando lo Stato imprenditore si ritira lasciando un'importante eredità (le imprese pubbliche), "gli eredi" delle privatizzazioni non si rivelano all'altezza del compito: ne è uscita compromessa la capacità di crescita del Paese, si sono aggravati gli squilibri territoriali e sociali; il fragile equilibrio finanziario (con l'onere dell'indebitamento pubblico) e il disarticolato sistema delle imprese hanno retto malamente all'urto della globalizzazione; in alcuni casi è andato colpevolmente disperso un solido patrimonio industriale e di competenze. Solo alcuni esponenti di quella classe dirigente sembravano comprendere come l'Italia, quale Paese fondatore della Comunità europea, non potesse mancare all'appuntamento con l'Europa: si trattava di una scelta di civiltà. Ma l'euro era solo un punto di partenza per costruire un'Italia veramente europea. Il bilancio di questi trent'anni è, nelle ricostruzioni degli studiosi come nei ricordi dei protagonisti, sostanzialmente negativo. In questo senso si può dire, con rammarico, che si è trattato di un'altra "occasione mancata" per il Paese. Il volume è l'esito di 12 incontri che si sono svolti presso la Casa della Cultura di Milano nel 2023. I testi qui raccolti sono firmati da relatori e discussant, studiosi e protagonisti del periodo, ai quali si è aggiunta la voce di Romano Prodi in un'intervista conclusiva. L'obiettivo era discutere i nodi problematici più significativi della storia italiana degli ultimi trent'anni, iniziando dall' "indimenticabile" 1992.
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Dettagli

22 marzo 2024
292 p., Brossura
9788835159872
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