LETTERE VIRGILIANE, LETTERE INGLESI E MIA VITA LETTERARIA
Entrato nell'ordine dei gesuiti nel 1738, fu conosciuto soprattutto per le sue doti di poligrafo, drammaturgo, polemista, critico letterario e poeta. Insegnò retorica in varie città italiane, tra cui Venezia, dove visse tra il 1748 e il 1750, frequentando i principali intellettuali dell'ambiente lagunare e partorendo le 55 ottave del poemetto Il Parnaso veneziano, poi più volte rivisto fino alla definitiva edizione del 1767. Nel 1758 intraprese un viaggio per tutta l'Italia e la Germania. Nei suoi viaggi entrò in contatto con numerosi letterati dell'epoca, tra cui Voltaire e Rousseau, con i quali intrattenne una fitta corrispondenza. Nel 1773 in occasione dello scioglimento dell'ordine dei gesuiti, si ritirò a Mantova dove morì nel 1808. La sua fama è legata principalmente all'opera di critico letterario ricca di umori antiaccademici e antiretorici, ma si fece notare anche per le sue opere di carattere prettamente illuministico. Nel 1757 scrisse le Lettere a Virgilio, nelle quali è contenuta una celebre stroncatura della Divina Commedia di Dante Alighieri, riguardo alla quale affermò: "Sia posto tra i libri di erudizione, e della Commedia si lascino solo taluni pezzi che, raccolti e, come meglio si può, ordinati, formino non più di cinque canti. Al 1766 risalgono invece le Lettere inglesi per mezzo delle quali propone un ideale di "buon gusto" e una letteratura moderna e disinvolta. In Dell'entusiasmo delle belle arti, risalenti al 1769, egli esalta il valore dell'entusiasmo alla base dell'ispirazione e della fantasia nell'arte secondo una tendenza che è stata considerata preromantica. Il Bettinelli fu anche l'autore di poesie di modello arcaico, raccolte nei Versi sciolti del 1758 e ispirate ai componimenti di Carlo Innocenzo Frugoni, di alcune tragedie quali Gionata (1774), Demetrio Poliorcete (1758), Serse (1764) che si collocano nel solco del teatro gesuitico, e dell'opera storica Risorgimento d'Italia negli studi, nelle arti e nei costumi dopo il Mille che risale al 1775. Figlio di una cugina di Bettinelli, nonché marito di una sua nipote, fu lo studioso Matteo Borsa, di cui l'abate favorì la carriera di professore e critico letterario a Mantova, influenzandone significativamente il pensiero, fedele, come il suo, a un severo classicismo, ma non immune al contempo da suggestioni cesarottiane e aperture preromantiche.
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