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Parte molto bene ma si perde nel finale. Peccato
Come genere simile a "La verità Harry sul caso di Harry Quebert", ma non mi ha incollata alle pagine allo stesso modo. La ricostruzione dell'omicidio è distorto dagli eventi in un gioco di specchi che solo sul finale si rivela. Non mi ha conquistata.
Un libro splendido. Per quanto ci si provi non si riesce a smettere di leggerlo. Intrigante, misterioso, scritto bene. In tante cose ricorda "la verità su caso Harry Quebert", romanzo anch'esso meraviglioso. Il consiglio è di acquistarlo assolutamente: non ve ne pentirete.
Recensioni
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Un intricato gioco metaletterario, una realtà distorta e falsificata in cui tutto assume infinite sfumature
Sa com’è: credi di aver dimenticato un episodio, una persona, una situazione, e invece di colpo ti accorgi che il ricordo si era soltanto nascosto in qualche angolo della mente ed è sempre rimasto lì, neppure fosse successo ieri.
La memoria è un mostro strano. Riporta alla luce ricordi che avevamo seppellito quando meno ce lo aspettiamo, modificandoli e rielaborandoli con nuovi elementi e nuovi significati. Cancella o deforma ciò che vogliamo rimuovere, rendendo il dolore più lieve e facile da sopportare. Oppure inventa qualcosa di nuovo, facendoci credere di aver vissuto momenti in cui in realtà non ci siamo mai trovati coinvolti.
Lo proverà sulla sua pelle Peter Katz. Sono i primi giorni di gennaio quando Peter trova un manoscritto sulla sua scrivania. È un agente letterario di New York, ha visto passare moltissimi testi tra le mani, alcuni belli e altri totalmente da scartare. Eppure stavolta si rende che conto che in quelle pagine c’è qualcosa di più. C’è uno scrittore che sembra rivolgersi direttamente a lui. Basta la lettera di presentazione che accompagna lo scritto per convincerlo a buttarsi a capofitto nella lettura, e a emergere solo quando non ci sono più parole sulla carta.
Il manoscritto è firmato da Richard Flynn e racconta un avvenimento realmente accaduto. Nel 1987, qualche giorno prima di Natale, il professor Joseph Wieder è stato trovato assassinato nella sua splendida villa. Joseph era un professore di psicologia dell’università di Princeton che da tempo portava avanti studi sul potere della mente umana di memorizzare, rielaborare o cancellare i ricordi. Ad aiutarlo nel suo studio c’era Laura Baines. Non si sa se il loro rapporto si spingesse oltre, quello che è certo è che Laura era la coinquilina nonché amante di Richard. I tre iniziano a conoscersi e a frequentarsi, a trascorrere serate insieme nella grande villa del professore, in un rapporto segnato da menzogne e cose non dette, fino alla fatidica mattina in cui il tuttofare di Wieder non trova il corpo dell’uomo senza vita.
Ma il manoscritto resta incompleto. La narrazione prosegue fino alla sera dell’omicidio, chiudendosi con la decisione di Richard di recarsi a casa di Wieder. Nulla si dice di quanto è successo in seguito. Peter non vede l’ora di leggere la fine della storia, ma presto scoprirà che recuperare il resto del manoscritto è più difficile di quanto credeva. Perché Richard è in fin di vita e non ha modo di portare a termine il racconto o dirgli se esiste un testo completo e dove trovarlo. Non gli resta quindi che cercare aiuto, rivolgendosi al giornalista John Keller e all’ispettore Roy Freeman, che all’epoca seguiva il caso. Insieme, cercheranno di chiarire gli eventi di quella sera, addentrandosi nei meandri di ricordi confusi e sfalsati.
Chirovici ci conduce in un intricato gioco metaletterario, in una realtà distorta e falsificata in cui tutto assume infinite sfumature. I ricordi sbiadiscono e si alterano, le certezze si confondono, e la verità si perde tra le righe di un manoscritto e le testimonianze di chi è si è ritrovato coinvolto nel caso di omicidio. Pagina dopo pagina, il lettore si lascia trascinare dal susseguirsi delle voci che narrano la storia, da Richard Flynn a Peter Katz, da John Keller a Roy Freeman, ognuna portatrice della sua verità. Ma presto si renderà conto che la memoria è totalmente soggettiva, che i ricordi si possono riordinare e falsificare con grande facilità, che spesso il futuro e il passato si possono reinventare e che – come diceva Oscar Wilde – «la gente è quasi sempre altra gente».
Recensione di Mauro Ciusani
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