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Anno edizione: 2018
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Una squadra di polizia segreta, un esercito composto da rivoltosi, ex detenuti, ex combattenti, alcolizzati, un uomo venuto dal nulla che diventa l’idolo delle folle e convince migliaia di persone a seguirlo, storie di violenza, avvelenamenti, omicidi, sesso, droga; tutto questo non è un racconto di pura invenzione, ma è l’Italia dei primi anni venti del Novecento ed il suo protagonista è Benito Mussolini, “il figlio del secolo" - così definito da Antonio Scurati, autore del libro - l’uomo che attraverso strategie politiche, cambi di rotta, uso della forza e della violenza ed istigazione all’odio è riuscito a conquistare l’Italia, ha formato un esercito personale con a capo i suoi uomini fidati pronti a placare a qualunque costo chiunque si frapponesse tra lui e la sua corsa al potere. Il racconto e la vita di uno degli uomini più importanti e discussi della storia italiana raccontata attraverso documenti ufficiali, aneddoti, testimonianze, voci di corridoio e la visione personale dell’autore; ciò che ne scaturisce è un romanzo ricco di colpi di scena e dagli andamenti imprevedibili. Mussolini non è l’unico protagonista del libro, sicuramente è il più importante, ma troviamo anche il poeta maledetto Gabriele d’Annunzio, con un ruolo da protagonista prima e relegato ai margini del racconto poi, e Giacomo Matteotti, il principale antagonista del duce, tormentato dai suoi pensieri, dalla lontananza dalla moglie e dalla persecuzione dei fascisti. La mano dell’autore è tangibile, la si sente e la si legge chiaramente quando ai personaggi dona emozioni, sentimenti, riflessioni che non possono essere raccolti da documenti ufficiali o diari privati, discostandosi così dalla tradizionale storia scritta sui libri di scuola o quella raccontata nei romanzi storici sullo stesso tema, in cui viene appunto raccontata la mera storia, il contesto, gli avvenimenti, dove i personaggi non diventano che citazioni. Personalmente lo reputo un libro da leggere, ora come non mai, in quanto parla di noi, della nostra storia, la storia che abbiamo ereditato o che abbiamo dovuto ereditare; come 1964 di Orwell, scritto alla fine degli anni Quaranta del Novecento, anticipò o previde il futuro restando oggi, dopo più di settant’anni, ancora attuale, allo stesso modo considero M il figlio del secolo come un romanzo che rende omaggio al passato ri-attualizzandolo e dandogli una nuova vita nel presente.
La curiosità mi ha indotto ad acquistare e a leggere questo libro, per sapere come Antonio Scurati potesse riuscire a dare un volto letterario a un personaggio ampiamente sviscerato dagli storici, oggetto di numerosi e approfonditi studi, e di cui in pratica si sa pressochè tutto. Se qualcuno si aspettasse un romanzo storico penso che ne resterebbe francamente deluso; certo, ci sono alcune caratteristiche del genere, ma quella principale è la cura minuziosa dell’aspetto storico, elaborato e proposto con una serie di quadri in ordine temporale in cui di volta in volta risultano protagonisti Benito Mussolini, la sua amante e mecenate Margherita Sarfatti, un ancor giovane Italo Balbo, il fedelissimo Leandro Arpinati, Gabriele D’Annunzio dagli ultimi fuochi con l’impresa fiumana al suo ritiro nella villa sarcofago sul Garda, e altri personaggi ancora, realmente esistiti, di un’epoca cruciale nelle vicende italiane. La successione dei tempi va dagli albori del fascismo al clamoroso discorso del 3 gennaio 1925 alla Camera dei Deputati con il quale Mussolini assume su di sé le colpe delle violenze fasciste e in particolare dell’omicidio di Giacomo Matteotti. Credo che con questo discorso il futuro duce, oltre aver rinsaldato la sua posizione, abbia di fatto sancito la definitiva morte della democrazia in Italia, rappresentata da uno sparuto ed esile numero di inconcludenti socialisti di cui l’unico veramente capace, tecnicamente e soprattutto politicamente, era proprio Giacomo Matteotti. Ci si chiede anche ora se l’omicidio sia stato voluto da Mussolini, se lui stesso invece avesse cercato tramite i suoi scagnozzi di intimidirlo e che poi, per eccesso di violenza, fosse morto nelle mani dei suoi aguzzini. Sono domande a fronte delle quali non vi sarà mai risposta certa e l’unico dato di fatto sicuramente inoppugnabile è che Mussolini e il fascismo avevano trovato in Matteotti l’unico vero avversario, peraltro in procinto di abbattere, sulla base di prove certe di misfatti e di ruberie in camicia nera, un regime che stava avviandosi alla sua instaurazione. Credo che però sia opportuno tornare indietro negli anni proprio per comprendere come il fascismo sia nato e come abbia potuto prendere piede e di certo non manco di rilevare l’abilità di Scurati nel parlare più delle manchevolezze delle sinistre, senza con ciò procedere a una difesa d’ufficio del nascente movimento reazionario. Nel nostro paese, dove ancora è presente una faziosità deleteria, occorre riconoscere all’autore il merito di non avere preconcetti e di essere un convinto democratico, il che gli consente un equilibrio non da poco, visto che non tace né le violenze fasciste, né quelle commesse dalle sinistre che hanno le loro colpe riscontrabili soprattutto in una emulazione della rivolta proletaria sovietica. Quindi vi è da dire che il fascismo fu una reazione, senza una precisa ideologia a sostegno, se non un programma politico vago che spaziò agli inizi da una indefinita forma socialista per radicalizzarsi sempre più in una patina altamente nazionalista, ancor più a destra dei conservatori stessi. Mi sembra che Scurati abbia posto giustamente in luce l’abilità di Mussolini contrapposta alle indecisioni e alla conflittualità interna delle sinistre e all’attesismo colpevole dei liberali e dei popolari, convinti di incorporare nei loro partiti quello fascista, un metodo che nell’assicurare, almeno nei loro intendimenti, una certa pacificazione sociale avrebbe permesso di mantenere inalterati i loro privilegi. Non fu così, come sappiamo dalla storia, ma a posteriori è sempre facile criticare. Per il resto, l’autore non disconosce le capacità politiche, e anche il trasformismo, di Mussolini, ma non lo esalta, anzi ne fornisce un quadro che conferma che l’individuo, il maestro elementare prima socialista e contro la guerra, poi interventista e infine nemico dei suoi vecchi compagni di partito, sia stato, in buona sostanza, un uomo con una capacità dialettica e di conoscenza della psiche umana di notevole livello, ma in cui allignava una ferocia oscura che lo portava a cattiverie insensate, a violenze incontrollate come quelle che aveva propugnato, sostenuto e poi pubblicamente giustificato, avvalendosi dell’opera delle sue camicie nere. Questo dovrebbe essere il primo di tre volumi dedicati alla storia italiana nel ventennio, che è poi è come dire storia fascista e meglio ancora la vita di Benito Mussolini dal suo affacciarsi sulla scena politica alla sua tragica caduta. Non so se e quando usciranno gli altri, ma di una cosa sono certo, e cioè che li leggerò con la stessa passione con cui ho passato ore e ore sulle pagine di questo primo volume, alla fine del quale ho tratto due semplici conclusioni. La prima è che la storia si ripete perché l’Italia attuale, per certi aspetti, ricalca quella appena uscita dalla Grande Guerra; la seconda è che forse uno degli scopi del libro è di far conoscere ai giovani che hanno un’idea vaga del fascismo che cosa esso sia effettivamente stato. Questo intento è indubbiamente nobile, anche se dubito che i giovani in massa corrano a leggere questo libro se non altro perché spaventati dal notevole numero di pagine (ben 848). Da parte mia ammetto di essre stato scettico all’inizio, ma poi di aver scoperto, pagina dopo pagina, come una storia raccontata in questo modo, una storia che potrei forse classificare come romanzata, mi abbia consentito di trascorrere piacevolmente le lunghe giornate di quarantena, portandomi anche inconsciamente a riflessioni senza preconcetti, al fine di cercare di comprendere le cause dei comportamenti delle parti in gioco e forse ci sono riuscito, almeno così spero.
800 e passa pagine che si leggono senza provare alcuna stanchezza. La prosa che scorre fluida su temi che siamo abituati a leggere in una prosa diversa. Immancabili le licenze letterarie ma solo per meglio definire le atmosfere, delineare i contorni, declinare quel senso di profonda tristezza con cui chiudere il libro sulla sua ultima pagina. Ma se proprio non si vuol credere al racconto di Scurati allora ci si soffermi sui virgolettati, sui rimandi agli articoli di giornale dell'epoca, sulle testimonianze dei protagonisti… E così provare a capire che il racconto feroce e doloroso di una storia di ieri è molto prossimo a ciò che potrebbe essere il racconto altrettanto feroce e doloroso della storia di oggi.
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