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La letteratura elenca una miriade di scrittori "minori" che, molto spesso, di minore non hanno niente. E ' il caso di Lucio Mastronardi (scoperto prima da Elio Vittorini e poi da Italo Calvino) e del suo "Il maestro di Vigevano". Siamo negli anni del boom economico; in una piccola città della provincia pavese il maestro Mombelli fa fatica a tirare avanti col suo misero stipendio. Sua moglie Ada sente l'esigenza di una vita migliore e i due finiscono col rappresentare due mondi: quello contadino e povero che appartengono al passato e quello dell'industrializzazione e del consumismo che avanzano. L'eterna dicotomia essere/avere. Momenti drammatici intervallati da una involontaria comicità, fanno da sfondo a questa vicenda umanamente triste. Durante un litigio con la moglie il maestro le chiede affettuosamente: cosa ci è successo? perchè siamo cosi cambiati? e la moglie gli risponde: non siamo cambiati noi, è cambiato il mondo. La storia del maestro Mombelli è famosa non tanto per l'opera letteraria ma per il film di Elio Petri con Alberto Sordi che magistralmente lo interpreta. Anche nel film il divario tra passato e presente, la crisi del ceto medio impiegatizio e la sotto-cultura dei nuovi arricchiti è il tema dominante. Leggere il libro e guardare il film subito dopo, trasporta in un mondo che non c'è più; la sottocultura dei nuovi arricchiti, che ieri rappresentava una minaccia col suo prepotente ingresso nella storia, oggi non è nemmeno più ritenuta tale. Esiste più un divario tra cultura e sottocultura? E' ancora possibile scegliere tra essere e avere?
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