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Il male oscuro - Giuseppe Berto - copertina
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Il male oscuro
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Descrizione


Apparso per la prima volta nel 1964, Il male oscuro ottenne subito un grande successo, vincendo nello stesso anno il Premio Viareggio e il Premio Campiello. L’apprezzamento critico che ne seguí, tuttavia, non colse forse pienamente la grandezza di quest’opera e della figura di Giuseppe Berto nel panorama della letteratura italiana del secondo Novecento.

«Ogni volta che aprivo e leggevo venti o trenta pagine de Il male oscuro, avrei voluto che questo libro non avesse a che fare con me, con le mie sofferenze, le mie fobie, le gabbie del mio passato, il mio tempo, avrei voluto che fosse un libro datato, lontano, un reperto del Novecento, e invece ogni volta mi ritrovavo coinvolto dalla sua sincerità senza scampo» - Christian Raimo

Come sovente accade, questo romanzo e lo stesso Berto conoscono forse soltanto oggi quella che Benjamin definiva «l’ora della leggibilità». Comparato con le opere di quell’epoca caratterizzata da una società in piena espansione, Il male oscuro, come nota Emanuele Trevi nello scritto che accompagna questa nuova edizione, appare come «lo specchio, frantumato ma straordinariamente nitido, di un intero mondo, di un’epoca storica», un capolavoro assoluto dotato di «un’autorevolezza paradossale, che si basa sulla travolgente energia degli stati d’animo». Come i grandi libri, il romanzo presuppone una genealogia. Berto ha ammesso piú volte il suo debito con La coscienza di Zeno di Svevo e La cognizione del dolore di Gadda, dalla quale ricavò il titolo stesso del suo libro. Il male oscuro, tuttavia, segna una svolta fondamentale rispetto a queste opere precorritrici: non descrive semplicemente una nevrosi, ma la mima e la incarna. Il suo linguaggio è la manifestazione stessa del male, «l’epifania tragicomica della sua oscurità» (Trevi).
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Dettagli

2016
17 novembre 2016
508 p., Brossura
9788854514065

Valutazioni e recensioni

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giorgio
Recensioni: 5/5

Lettura non facile ma coinvolgente, da farsi non frettolosamente ma creandosi il tempo. Autore fra i piu' alti della letteratura italiana.

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AdrianaT.
Recensioni: 4/5

Non si smette mai di fare i conti con il proprio padre. Anche dopo morto, anzi, soprattutto dopo morto. Tutto il non detto, il non fatto; tutti i se, i ma e i forse tornano come acidi rigurgiti giorno dopo giorno, per anni, con effetti psicologici e fisici devastanti. Giuseppe Berto - disilluso e disincantato - è un groviglio di tormenti, ipocondrie, sensi di colpa e paranoie, ma ne dice di cose vere!; è un pensare vorticoso amalgamato ad associazioni psicoanalitiche, spalmato su pagine avare di punteggiatura e dense come magma incandescente in cui la nevrosi non è descritta, è rivelata. Brucia, la sua prosa incessante, e intrappola come una ragnatela. È come venire legati davanti a uno specchio ed essere obbligati a guardarsi e a farli anche noi, quei conti. Qui c'entrano Gadda, Svevo, Freud e la psicoanalisi; qui domina la Crisi, e la nevrosi spadroneggia. È una lettura dura e impegnativa, che si gode per originalità della forma, spontaneità e 'oralità' del linguaggio, profondità, enfasi, amara ironia e corposità; una soluzione stilistica che però tende a saturare. Poi ti viene voglia di tornare a qualcosa dalla sintassi più classica nel ritmo, nel respiro e letterariamente più rassicurante, come un buon vecchio Zweig, per esempio. È comunque un gran libro, da affrontare, però, solo se si è disposti a sollevare il coperchio e guardare fino in fondo al pozzo. «Ecco, proprio questo è ciò che può dare una giustificazione al mio libro e in particolar modo alle sue parti più crude e diciamo pure sgradevoli: la validità verso tutti, l'esplorazione di una parte di noi stessi che forse non abbiamo il coraggio di guardare, ma c'è, esiste in noi, e nasconderla non serve che a renderci sempre più ammalati e infelici.»

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Marco C.
Recensioni: 5/5

Sapevo mi sarebbe piaciuto e sapevo che al suo interno avrei trovato passaggi intensi e in grado di farmi tremare. È sembrato uno specchio, a tratti, tanto che alcune cose le ho lette sentendo la mia voce. Alcuni pensieri di Berto erano nella mia testa, e a volte è capitato di sentirmi proprio come lui: colpevole e condannato a qualcosa di terribile. L’ossessione che Dio sia lì pronto a punire – anche per cose normali e umane come la masturbazione - è sempre nella mente dell’autore, è una costante, una fissazione che probabilmente ferisce e fa star male più del dolore fisico e delle fitte che, da come sono descritte, sembrano essere tra le cose peggiori che si possa provare. Che Berto sia stato molto vicino alla religione lo si capisce da subito e lo si era capito anche grazie all’altro suo splendido libro "La Gloria". E restando sempre sul tema del divino, del sacro o della provvidenza, ho trovato Il male oscuro un libro molto influenzato da giganti come Dostoevskij, Tolstoj e Turgenev, con i primi due che, non a caso, e chi conosce gli autori capirà benissimo perché, diventano parte di quel tormento dato dal contrasto tra peccato e piacere. Quella de Il male oscuro è una vera e propria autopsicanalisi ovviamente debitrice di Italo Svevo, tanto che proprio l’autore lo conferma nelle appendici (da leggere assolutamente), ed è quindi un continuo parlare di Io, Super-Io, Es e teorie Freudiane che trovano riscontro nei “simboli” e nelle situazione sparsi nel libro: la masturbazione, il rapporto con il padre e il rapporto che lui “avrà” con la figlia, i personaggi, o per essere più precisi, il modo in cui i personaggi/le persone vengono viste dall’autore. Lo stile adottato da Berto in questo libro può spaventare i curiosi, me ne rendo conto. I punti si contano su due mani, forse una, e il flusso di pensieri raggiunge il suo apice dalla pagina 239 alla 301, pagine in cui i punti scompaiono del tutto. Fantastico, ma non per tutti.

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Conosci l'autore

Giuseppe Berto

1914, Mogliano Veneto

«Sono abbastanza sicuro di me stesso mentre scrivo e so di essere moderno».(Mogliano Veneto, Treviso, 1914 - Roma 1978) scrittore italiano. Ha pubblicato libri di narrativa, in parte ascrivibili al neorealismo (Il cielo è rosso, 1947; Le opere di Dio, 1948; Il brigante, 1951), in parte volti a una inquieta indagine psicologica (Il male oscuro, 1964, premi Viareggio e Campiello; La cosa buffa, 1966). È anche autore di un diario della guerra d’Africa (Guerra in camicia nera, 1955) e di un pamphlet provocatoriamente «conservatore» (Modesta proposta per prevenire, 1971). 

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