Mar del Plata

Amo il rugby e ho avuto la fortuna di imbattermi (su suggerimento esterno) in questo libro che ne racconta una storia vera. Mi sono sempre chiesto come sia stato possibile che in Cile ed Argentina, negli anni settanta, i governi abbiano potuto soffocare nel sangue e nel terrore lo spirito delle nuove generazioni, per il solo fatto che avessero idee diverse da quelle dell’ “autorità”. Nel libro le due cose si sono mescolate insieme, e ancora una volta ho avuto la consapevolezza che il rugby sia una metafora della vita, molto di più di altri sport, e che per raccontarla si possono utilizzare le situazioni del rugby: i ruoli dei giocatori; le fasi di gioco; il prima e il dopo partita, meglio conosciuto come terzo tempo; gli allenamenti e lo spogliatoio. E così, tramite la prosa di Fava (che all’inizio mi ha “frastornato” con l’uso di vocaboli siciliani), ho scoperto come una squadra di rugby si è opposta al regime militare nel modo più semplice possibile, continuando a giocare a rugby, e infondendo nel pubblico che la guardava, quel coraggio di alzare la testa e guardare negli occhi gli oppressori, sino a farli “fuggire” dallo stadio. "Perché alla fine poco importa che quei ragazzi fossero argentini o siciliani. Importa come vissero. E come seppero dire di no”.