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Anno edizione: 2018
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Non sono certo uno storico, né tantomeno un esperto di ebraismo. Ciò nonostante il breve, ma denso saggio di Donatella Di Cesare ha stimolato il mio interesse, poiché, si pone al crocevia interdisciplinare tra storia, filosofia e religione, illustrando quel fenomeno poco conosciuto dai più, ma già ampiamente esplorato che scaturì dall'Editto che espelleva gli Ebrei dai territori spagnoli, nel 1492 e che segnò un nuovo capitolo della Diaspora. A partire dalla cacciata degli Ebrei dal regno cattolico di Spagna scaturì il fenomeno del marranesimo, cioè delle conversioni degli Ebrei al Cattolicesimo, un fenomeno che diede vita ai cosiddetti "cristianos nuevos" e che determinò una serie di sconcertanti ed imprevedibili esiti. Infatti, se da un lato alcuni dei convertiti riuscirono ad integrarsi nella comunità, per quanto fossero sempre guardati con un sospetto, altri abiurarono solo per sopravvivere alla persecuzione e per sfuggire all'editto di espulsione, decidendo nel proprio intimo di rimanere fedeli all'Ebraismo e alle sue prescrizioni. Nacquero così, congiuntamente ai cristianos nuevos i cosiddetti "cripto-ebrei": uomini e donne che, nella socialità, adottavano la maschera del cattolicesimo e che nel proprio intimo e nella vita privata si mantenevano fedeli all'Ebraismo. Tutto ciò portò, con una serie di progressivi spostamenti alla nascita di una sensibilità nuova e al sorgere rigoglioso dell'interiorità come fenomeno psicologico del tutto nuovo ed inedito. Gli ebrei convertiti rappresentarono così gli antesignani della modernità, in cui la sfera privata intima e privata può dissociarsi da quella pubblica. I Marrani diventarono così elementi di un cambiamento epocale e primi rappresentati della sensibilità dell'uomo moderno contemporaneo: sino al punto di poter dire con l'Autrice che il Marranesimo non si è mai concluso. E sulla via di questo lungo processo il marranesimo portò i suoi frutti con uomini e donne che furono eccelsi nel loro pensiero e nella fede.
La prof. Di Cesare, a mio avviso, è spesso troppo sicura di sé, ma è anche sempre coinvolgente e appassionata, e dunque quello che mi colpisce sempre è la sua capacità di aprire degli spazi di analisi alternativi, cosa che nella storia dell'ebraismo è assai utile. Il volume inoltre è agile e quindi è assolutamente da leggere.
Ciò che risulta più interessante e originale nell’indagine di Donatella Di Cesare è l’approccio alla condizione psicologica dei marrani, al loro destino di doppiezza esistenziale, di scissione del sé, di perdita e recupero delle radici. Costretti a una conversione forzata, i marrani non facevano più parte della famiglia giudea: venivano sentiti come traditori, transfughi, apostati. Alcuni di loro, accettando il cristianesimo, finirono per goderne i vantaggi, intraprendendo carriere di successo, ricoprendo cariche influenti persino all’interno della Chiesa, arricchendosi, e provocando in tal modo invidie e risentimenti nella popolazione. Altri rimasero in segreto fedeli alla religione degli antenati, aderendo a riti, preghiere e festività negate in pubblico e praticate di nascosto in privato, tramandate con timore e senso di colpa ai discendenti, rese spurie e destinate all’oblio dalla sporadica e incerta frequentazione. In un capitolo intitolato, con penetrante intuizione, L’altro dell’altro, l’autrice sottolinea quanto fosse ibrido lo status dei marrani che gli spagnoli avevano inglobato al loro interno. Se prima l’altro, l’ebreo, era esterno, “distinto e ben riconoscibile, una volta introdotto a forza nel corpo della cristianità restò altro, ma all’interno. …Il marrano, costretto a un’emigrazione interiore, restò tuttavia differente, inassimilabile, ereditando l’alterità dell’ebreo. Eppure ebreo non era più – anzitutto agli occhi degli ebrei”. Secondo l’autrice, questa condanna alla differenza, a un’immagine ambivalente e discordante, finì per sottolineare l’atipicità del marrano, facendone l’antesignano della modernità. Nel suo tormentato scrutarsi, sorvegliarsi, diffidare degli altri e di sé stesso, alla ricerca continua di una memoria da preservare o di un’origine da rifiutare, fu l’iniziatore di un percorso esplorativo verso l’interiorità, che lo portò ad avventurarsi lungo i sentieri della mistica, come Teresa d’Avila, o quelli della filosofia, come Spinoza.
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