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Morte dell'inquisitore - Leonardo Sciascia - copertina
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Morte dell'inquisitore - Leonardo Sciascia - copertina
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Descrizione


Morte dell'inquisitore (1964) occupa un luogo del tutto a parte nell'opera di Leonardo Sciascia. La ragione ne fu data dall'autore stesso: «è un libro non finito, che non finirò mai, che sono sempre tentato di riscrivere e che non riscrivo aspettando di scoprire ancora qualcosa». Un libro, dunque, fondato su un mistero non del tutto svelato, forse non del tutto svelabile. E inoltre il libro dove Sciascia ha disegnato la figura di un suo antenato ideale, l'eretico Diego La Matina («personaggio che non doveva più lasciarmi»). Il tema dell'Inquisizione, infine, rimane (e rimarrà sempre) quanto mai delicato, perché – come scrisse Sciascia stesso con memorabile efficacia – «appena si dà di tocco all'Inquisizione, molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti». Parole che ci fanno intendere, come meglio non si potrebbe, l'attualità immediata che questo libro ha per noi e confermano un'altra annotazione di Sciascia: «Mi sono interessato all'Inquisizione poiché questa è lungi dal non esistere più nel mondo».
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Dettagli

10
1992
7 gennaio 1992
119 p., Brossura
9788845908774

Valutazioni e recensioni

4,09/5
Recensioni: 4/5
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angelo
Recensioni: 3/5

Ingredienti: la storia del Sant’Uffizio in Sicilia nel XVII secolo, il delitto dell’inquisitore spagnolo nel 1657, la ricostruzione della vita misteriosa del suo assassino, la ferocia della fede quando perde ogni pietà e amore. Consigliato: agli uomini di “tenace concetto” curiosi di capire le pagine più oscure del passato, agli spiriti liberi, eretici ed allergici alle verità imposte.

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Luca Aquadro
Recensioni: 4/5

"(...) questo breve saggio o racconto (...) è la cosa che mi è più cara tra quelle che ho scritto (...) è un libro non finito, che non finirò mai (...) la sufficienza con cui ne hanno parlato o ne hanno taciuto, è l'altro motivo per cui tengo a questo lavoro." (pp. 9-10) Queste frasi, tratte dalla "Prefazione" dell'autore al volumetto "Morte dell'inquisitore", uscito nel 1964, ci dicono tanto di Sciascia: l'amore per la "brevitas" e la continua oscillazione tra saggistica e narrativa; l'affetto quasi paterno per le proprie opere più coraggiose e più divisive; la compresenza solo apparentemente assurda tra fiducia illuministica nella ragione umana e pessimismo genetico da siciliano fiero di esserlo; l'atteggiamento di ironico disprezzo nei confronti della pavida mediocrità altrui. "Morte dell'inquisitore" è, in fondo, soprattutto un romantico omaggio alla libertà di pensiero e al coraggio delle proprie idee, svolto per mezzo della rievocazione quasi negromantica della figura di Diego La Matina, frate agostiniano vissuto nei decenni centrali del Seicento e divenuto per un breve periodo celebre per aver ucciso il proprio inquisitore, lo spagnolo Juan Lopez de Cisneros, prima di finire sul rogo. Come sempre nei suoi saggi storici, Sciascia scava tra i documenti dell'epoca e ridà vita a personaggi ormai sepolti nelle pieghe della storia alla ricerca di costanti della storia siciliana e non, risultando, qui più che in altri casi, provocatorio, come non potrebbe essere diversamente trattando di un argomento sensibile e storicamente assai discusso quale i crimini dell'Inquisizione. Della vicenda in questione, ognuno si faccia la propria idea, senza dimenticare che l'autore stesso ha avuto in più punti del libro l'onestà intellettuale di ammettere che la documentazione rimasta è molto scarna. In ogni caso, onore al coraggio e tanta ammirazione per lo stile, che in letteratura è tutto. "Alla vista del rogo non s'alterò, non sbigottì, non mostrò segni di timore" (p. 81)

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gianni
Recensioni: 5/5

C'è poco da dire, l solita finezza e il solito disincanto sciasciani. Piccola perla.

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Recensioni

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La recensione di IBS

Morte dell'inquisitore (1964) occupa un luogo del tutto a parte nell'opera di Leonardo Sciascia. La ragione ne fu data dall'autore stesso: «è un libro non finito, che non finirò mai, che sono sempre tentato di riscrivere e che non riscrivo aspettando di scoprire ancora qualcosa». Un libro, dunque, fondato su un mistero non del tutto svelato, forse non del tutto svelabile. E inoltre il libro dove Sciascia ha disegnato la figura di un suo antenato ideale, l'eretico Diego La Matina («personaggio che non doveva più lasciarmi»). Il tema dell'Inquisizione, infine, rimane (e rimarrà sempre) quanto mai delicato, perché – come scrisse Sciascia stesso con memorabile efficacia – «appena si dà di tocco all'Inquisizione, molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito cui sono iscritti». Parole che ci fanno intendere, come meglio non si potrebbe, l'attualità immediata che questo libro ha per noi e confermano un'altra annotazione di Sciascia: «Mi sono interessato all'Inquisizione poiché questa è lungi dal non esistere più nel mondo».

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Conosci l'autore

Leonardo Sciascia

1921, Racalmuto

Scrittore e uomo politico italiano. Esordisce sotto il segno di una prosa poetica (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952) che lascia però presto il passo ad una vena che si rivelerà per lui più feconda. A dire dello stesso Sciascia, la sua cifra più autentica affonda infatti le radici in «una materia saggistica che assume i modi del racconto». Questa direzione è subito evidente fin da Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Gli zii di Sicilia (1958), che mostrano come gli spunti di cronaca isolana si sappiano fare pretesto e cornice per indagare sul costume sociale e le sue degenerazioni.Esempi ancor più compiuti in tal senso saranno Il giorno della civetta (1961) e A ciascuno il suo (1966), che affrontano il tema...

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