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“La morte di Virginia” è una delle ultime parti dell’autobiografia di Leonard Woolf in cui si affrontano non soltanto gli ultimi giorni di Virginia, ma si abbracciano anche i primi anni della seconda guerra mondiale. Leonard passa in rassegna con precisione quelli che sono gli stati d’animo di chi si affaccia all’inevitabile, con evidente rassegnazione.anche se in questo periodo di profonda crisi, prima di manifestare gli ultimi crolli, Virginia stava bene. E questo Leonard lo ripete più volte, quasi come a volersi giustificare agli occhi dei lettori, quasi come a volerci dire che non c’erano i soliti segnali all’orizzonte che preannunciavano “la caduta nel baratro”. Un libro piccolissimo che fa male, molto male, consigliato vivamente a chi ama Virginia Woolf. Infine, complimenti alla Lindau per la piccola perla.
Il libro si snoda per quello che, effettivamente, è: un’autobiografia. Ma si rivela essere molto di più: un trattato, a volte, o un diario. Un diario di quelli intimi, che nascondi sotto il cuscino dopo averlo chiuso a chiave e conservi come un prezioso tesoro. Il diario che racconta l’anima apparentemente dura ma profondamente fragile di un uomo che, nel momento in cui doveva salvare qualcosa, si è rivelato impotente. Impotente esattamente come lo è davanti alla crudeltà umana, rimanendo così a guardare le cose che si stavano dissolvendo senza poter cambiare nulla. Leonard, Virginia, voleva salvarla. Voleva disperatamente darle tutto quello di cui poteva avere bisogno. Ma non ce l'ha fatta. Forse proprio perché, per quanto possiamo cercare di aiutare gli altri o cambiare il mondo, c'è sempre qualcosa davanti al quale dobbiamo fermarci: il libero arbitrio, la consapevolezza delle proprie scelte. E' per questo che La morte di Virginia è un meraviglioso, intenso e sorprendente libro sul dolore, il male di vivere, l’essere privati della libertà e i ricordi. Consigliato a tutti quelli che si vogliono fare male.
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