Mother Earth

“Un progetto cinematografico”, così Sharon den Adel, cantante dei Within Temptation, ha definito la band dei lei fondata, assieme al suo compagno (e chitarrista) Robert Westerholt. E se “Enter”, album precedente, pur molto interessante, forse non era ancora abbastanza in linea con questa idea (complice anche un sound ancora troppo legato al doom e al gothic metal di molte band degli anni 90), con “Mother Earth” non solo si cambia decisamente aria, ma il sound diventa arioso, maestoso e finalmente quasi “visivo”. Bastano le prime note della titletrack per chiarire le coordinate con cui procederanno anche i brani successivi: tastiere e arrangiamenti orchestrali in primissimo piano, tanto da relegare la componente metal al solo accompagnamento, ed una certa attenzione alla ricerca di un suono lontano dall’oscurità del Gothic comunemente inteso. “Ice Queen”, al tempo singolo di un certo successo tra gli appassionati del genere, la ballad per pianoforte “Our farewell” o le fiabesche “Caged” e “Deceiver of fools” sono gli episodi più accattivanti e rappresentativi, ma ogni tassello di quest’opera è cesellato perfettamente al proprio posto, e contribuisce a costruire il mondo fatato dove si ritroverà l’ascoltatore. Difficilmente replicato, anche dalla band stessa, per l’originalità con cui i Within Temptation hanno saputo “mescolare le carte” e i criteri del Symphonic metal, è probabilmente un classico del genere.