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Anno edizione: 2019
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Leonardo Gori, che ha creato il personaggio di Bruno Arcieri, ufficiale dei carabinieri in forza al SIM, l’intelligence militare, sembra trovarsi a proprio agio nell’ambientare la trama dei suoi romanzi durante il ventennio. Ricordo con vero piacere Nero di maggio, con la visita di Hitler in Italia e in particolare a Firenze nel 1938, e Il passaggio, ambientato a Firenze durante l’insurrezione partigiana. E anche La nave dei vinti si colloca in uno degli ultimi anni di fulgore del fascismo, nel marzo del 1939, mentre già diventano più frequenti i sintomi dell’imminente conflitto, a proposito del quale c’è gente interessata a mettere le mani su un microfilm riproducente il documento del famoso patto Molotov – Ribbentrop. Pare, anche se non si è del tutto certi, che un agente segreto di nome Morgan potrebbe averlo con sé e che lui si trovi su un bastimento fuggito dalla repressione franchista con numerosi profughi, andato in avaria e alla fonda nel porto di Genova. E’ inutile dire che a questo reperto sono interessati in tanti, anche il capitano Bruno Arcieri, che, ben al di fuori degli ordini del capo del SIM ma dipendendo solo dal suo comandante, dovrà collaborare con un vescovo del Vaticano, di nome Eugenio Winkelmann, pure lui facente parte di una sorta del servizio segreto del papato. Non vado oltre con la trama, ricca di continui colpi di scena, in cui si avvicendano fascisti, carabinieri, agenti sovietici, sgherri della Gestapo, un complesso intrigo in cui francamente non è facile raccapezzarsi, tanto più che personaggi, all’inizio inisgnificanti, diventano quasi all’improvviso dei protagonisti. La vicenda, il cui ritmo accelera notevolmente verso la fine, pare abbia divertito non poco l’autore, e del resto anche il lettore non ha di che lamentarsi, nel senso che progressivanente prova un desiderio crescente di giungere alla verità. Tutto bene quindi? Sì e no, nel senso che il romanzo non è scevro da difetti; ha indubbiamente dei pregi, visto che riesce ad avvincere, ma se chi legge arriva alla fine appagato basta che si metta un po’ a riflettere e rileva delle incongruenze non trascurabili, come tempi degli eventi che dovrebbero coincidere e invece sono spaiati, protagonisti a cui si attribuiscono capacità ben al di fuori della loro portata, un personaggio creato ad hoc come diversivo e che dovrebbe muovere alla compassione il lettore. Si tratta indubbiamente, nell’ambito della finalità di svago dell’opera, di difetti di poco conto, tanto che, ripeto, ci si accorge a lettura ultimata e purché si desideri effettuare qualche riflessione, ma nel quadro generale dell’attività artistica di Leonardo Gori sono appunti che mi sembrano necessari, visto che si deve tendere sempre a migliorare. Infatti non di rado sono gli aspetti marginali che distinguono un romanzo di buona fattura da un romanzo eccellente e ho l’impressione, che a differenza di questo, Nero di maggio e Il passaggio possano essere inquadrati in un giudizio altamente positivo. Pertanto se Gori ci è riuscito non una volta, ma due a costruire qualche cosa di pregevole, per quanto sempre perfettibile, auspico che con il suo prossimo lavoro si ripeta. In ogni caso La nave dei vinti rimane un’opera di gradevole lettura.
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