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bella storia e abbastanza ben scritta.. .se fosse stata approfondita poteva uscirne un bel libro... peccato
Un buon libro!Il susseguirsi di sconfitte e delusioni dalla vita fà la pazzia della protagonista fino a condurla con l'aiuto anche dell'alcool ad uccidere la sua unica speranza di un futuro di vecchiaia migliore! Bravo Carlotto
Da leggere anche se molto scontato. La vita infelice della protagonista lascia il suo segno.
Recensioni
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Il sottotitolo, Monologo per un delitto, chiarisce subito qual è l'impostazione dell'ultimo lavoro di Massimo Carlotto, autore di nove romanzi di successo, il primo dei quali, Il fuggiasco, fortemente autobiografico, è stato recentemente trasformato in un film. Questa volta, nel taglio del racconto lungo in prima persona, l'autore ci narra una tragedia familiare sullo sfondo di una Torino di periferia che ha perso la sua identità di città operaia e si trova ad affrontare il problema della disoccupazione, quello della convivenza con gli immigrati, quello del costo della vita sempre più insostenibile. La voce narrante è quella di una donna invecchiata prima del tempo, frustrata ed etilista, che traccia un bilancio della propria vita faticosa e monotona, scandita dagli appuntamenti quotidiani con idoli televisivi che propongono modelli esistenziali ingannevoli, inesistenti nella realtà, ma proprio per questo oggetto dei suoi sogni a occhi aperti. Il vero nodo nella sua vita è il difficile rapporto con la figlia ventenne che ha invece una consapevolezza dolorosa della realtà, ma appunto per questo è capace di cercare e trovare l'amore, l'amicizia, la serenità proprio in quell'orizzonte ristretto, in quel quartiere in cui è nata e cresciuta, tra i suoi abitanti vecchi e nuovi, come testimoniano le pagine del suo diario che la madre legge di nascosto. Il conflitto tra le due donne, in cui il padre, ex operaio Fiat riconvertito a un nuovo lavoro, è solo una pallida comparsa, sfocia in un esito drammatico che non anticipiamo, ma che il lettore intuisce fin dalle prime pagine. La frase del titolo, che ritorna come un tormentone a sancire l'immodificabilità di un destino ormai segnato, è un verso di Il cielo in una stanza, la canzone di Gino Paoli che ha fatto da colonna sonora al matrimonio della protagonista, quando il futuro era pieno di promesse e l'amore sembrava ancora possibile.
Elisabetta Severina
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