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Romanzo autobiografico di grande successo, è la storia di un ragazzo che già all'età di sei anni viene costretto dal padre, dispotico e violento, a intraprendere la durissima vita di pastore, dopo averlo obbligato ad abbandonare la scuola. Il contesto geografico, sociale e culturale è la campagna desolata e isolata di un piccolo paese della Sardegna nord-orientale, Siligo, nel periodo che va tra la metà degli anni Quaranta e l'inizio degli anni Sessanta. Gavino progressivamente inizia a comprendere pienamente il suo stato di sfruttamento e di schiavitù ma non si arrende, si ribella e cerca in tutti i modi di sfuggire al suo amaro destino, iniziando a studiare instancabilmente fino a raggiungere risultati e traguardi insperati. Libro bellissimo e crudo che da una parte documenta a quale livello di soggezione psicologica e fisica possa giungere un figlio quando ha un genitore accecato dall'istinto di sopraffazione e dall'altra quanto conti l'incrollabile volontà di riscattarsi.
scritto in un italiano meraviglioso!! evocativo, stupendo. Usa le parole come nella natura si usano i colori: per creare la bellezza. Come nella natura viene illustrata la complessità della semplicita'. Leggetelo , vi arricchira' e soprattutto non lo dimenticherete
Padre padrone. Chi non ne ha sentito parlare? Tutti sanno che è, letteralmente, una storia vera, autobiografica. Ma chi conosce il significato della qualifica “storia vera” in ambito librario, non si faccia ingannare: questa è -grande- letteratura; esattamente come, tanto per intendersi, si può dire per Il sergente nella neve, Un anno sull’altipiano o anche Se questo è un uomo/La tregua, solo per fare qualche esempio. E allora, se, come in quei casi, c’è persino di più, se, esattamente come in quei capolavori, lo storico, l’antropologo, lo psicologo, il sociologo, ma anche semplicemente qualsiasi lettore curioso, che non riduca la lettura a semplice evasione (nel senso più riduttivo del termine), trova una miniera di informazioni e possibili citazioni, ciò che ce lo fa amare ancor di più è quella che dovremmo definire la sua qualità letteraria: il modo, splendido, meraviglioso, mirabile con cui Gavino Ledda ha saputo raccontarci questa, la sua, storia. Quel modo che qualsiasi lettore ha provato almeno qualche volta: quando il libro ti appassiona, avvince, entusiasma, commuove e fa vibrare tutte le corde e smuovere tutti i "muscoli" del corpo e dell'intelletto; ti fa pensare che tutti dovrebbero (avere la fortuna di) leggerlo almeno una volta nella vita. Ti fa venire voglia di ringraziare mille volte l’autore di avercela regalata, quella fortuna, e ti fa provare per lui grande ammirazione; in questo caso intrecciata con quella, smisurata, che si prova per il protagonista della storia… Onore allora a Gavino Ledda, grande uomo, e autore, per la nostra gioia, di un grande, imperdibile, capolavoro!
Recensioni
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Questo è il racconto di una libertà. Gavino, cinque anni nel 1943, strappato alla scuola, alla socialità paesana di Sìligo dal padre Abramo, sbrigativamente avviato per necessità alla «scuola pastorale», assiste presto alla mutazione del genitore: «dal paterno al patriarcale». Istruito nella custodia del gregge e lasciato solo nell'ovile per giornate intere, il bambino conosce in rapida alternanza luci e ombre della vita a Baddhevrùstana (Valle-frondosa); in tragica progressione lo investe la «violenza educativa» del padre-padrone, ostacolo anche ai liberi insegnamenti di Natura, alla cui scuola Gavino in solitudine i sensi tesi va apprendendo suoni, odori, colori, linguaggi. La ribellione cova, poi monta nel ragazzo che cresce alla ricerca di spazi altri, con urgenza conoscitiva ed estetica, smi-surata rispetto al «decalogo pastorale» di Abramo. Due tensioni si contrappongono: è la lotta. Lo scontro finale è solo rinviato. La fuga della leva militare che fa assaporare il senso dell'affrancamento dal patriarca, è l'occasione per la conquista di quell'istruzione scolastica stroncata sul nascere. Tornare indietro non è più possibile, la via è una sola: «contravvenire alle leggi del padre».
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