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Anno edizione: 1971
Anno edizione: 2019
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Per il cinese tutto l’universo è sacro, misterioso e in stretto apporto con la vita dell’uomo. Per il cinese tutto il mondo invisibile è in relazione all’ vita concreta. Per questo motivo quello che gli altri popoli esprimono con il termine”religione” i cinesi lo compendiano nella parola Tao, strada, via, cammino. Cioè “il modo di vivere” nel quale si trovano le risposte agli interrogativi umani, ossia tutto ciò che riguarda l’armonia dalla quale dipendono benessere e felicità. Il Tao è la via da percorrere in armonia con il cielo, con la natura, con gli altri uomini e con se stessi. Questa concezione è la base da cui ha avuto origine l’unica forma di pensiero indigeno cinese E’ il tao il principio che sta in sé e allo steso tempo produce il mondo e lo riempie, E’ il tao la realtà che sostiene tutto. Perfetto e immobile in sé, si manifesta e agisce nelle due forze principali primigenie che stanno alla base di tutto l’universo spirituale e materiale. Il principio yang, luminoso,attivo, potente,caldo,secco e il principio yin, oscuro, passivo,debole, freddo umido. Per l’azione del tao c’è un continuo moto dall’uno al duplice, dal duplice al molteplice dal molteplice al duplice e all’Uno. Né yang né yin possono stare l’uno senza l’altro. E’ questa evoluzione che muove e unisce in infiniti e nuovi modi i cinque elemento: fuoco, terra, acqua legno, metallo. Dotati di grande potenza questi elementi si combinano causando armonia e disarmonia. Per conoscere il mistero che regge l’universo e le leggi che procurano all’uomo il benessere o infelicità, i cinesi ricorrevano alla magia, alla divinazione e ai culti sacrificali per ringraziarsi le forze della natura. Scopo della vita umana vivere in armonia con tutte le realtà, terrene, naturali e celesti.
Recensioni
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scheda di Crisma, A. L'Indice del 2000, n. 09
(recensione pubblicata per l'edizione dell'anno 1971)
Che cosa dire di quest'opera imponente, la cui splendida prosa dischiudeva al lettore, in anni in cui la Cina appariva quanto mai remota, un'immagine così intensamente suggestiva del "sistema di assunti, concezioni e simboli che ne regolano la vita spirituale"? Oggi che la nostra conoscenza del pensiero cinese si è così ampliata, che gli strumenti filologici si sono così affinati e che nuove scoperte vengono a gettare nuova luce sulle intricate vicende della redazione degli antichi testi, il quadro che ne possediamo s'è fatto senz'altro assai più complesso e articolato di quello che era possibile delineare negli anni trenta, e dunque per vari aspetti l'indagine di Granet ci appare ovviamente datata; cionondimeno, tale possente, pionieristica sintesi ha indubbiamente offerto un contributo di grande portata, proponendo audacemente un confronto globale con il pensiero cinese nella sua fondamentale alterità rispetto alla tradizione speculativa dell'Occidente, individuandone il background in un sostrato di concezioni condivise ed evidenziandone magistralmente il legame con la carica simbolica e l'efficacia emblematica della scrittura. I critici di tale impostazione hanno avuto buon gioco a rimproverarle la tendenza alla generalizzazione eccessiva, la soppressione della dimensione storica in nome della ricerca di strutture perenni e atemporali, la cancellazione dell'individualità concreta dei testi e degli autori, la propensione, insomma, a edificare il mito di un'eterna Cina, in conformità con uno stereotipo antico, di hegeliana ascendenza. Si tratta di non ingiustificati rilievi, e purtuttavia nella prospettiva formulata da Granet si esprime un'istanza significativa della quale è utile ancor oggi tener conto. Nel confronto con il fondo istituzionale della tradizione cinese, la nostra tradizione filosofica può trovare occasione di riconsiderare i propri impliciti presupposti, e forse di riconoscere le proprie idiosincrasie indoeuropee. Così, nella perentoria asserzione su cui si apre il libro di Granet - "La Cina antica, più che una filosofia, ha avuto una saggezza" - si potrà ravvisare, certo, un enunciato discutibile, e discusso, ma anche la feconda provocazione a un dibattito oggi più che mai vivace e aperto, per il cui tramite si va forse configurando la possibilità di un diverso rapporto ermeneutico con altre modalità di pensiero.
A.C.
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