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Piacevolissimo. Una bella riflessione per chi invecchia, ma consigliabile a tutti.
Aggrapparsi alle lancette del linguaggio, tenersi stretto, gambe e braccia, lungo la bocca di passaggio di una clessidra mentre i granelli si capovolgono senza sosta, rifugiarsi ben bene nel guscio di un orologio a cipolla attenti a non sgusciar via quando la molla d'apertura scatta all'improvviso. Un uomo dai novanta "natali" non può temere che la morte del suo mondo di dentro. Meravigliosa contraddizione quando quel dizionario interiore è un alfabeto di graffi e di singhiozzi, di marionette irridenti e grida bibliche, di stanchezze luminosissime, di ghigni geniali, di ulcere dolorose come lenzuola di cielo ferito. Macchie e misteri, indecifrabili e invitanti, code di comete storpie degne di poemi riusciti. E sono cose che salvano, a pensarci! Il mondo di Guido non può essere altro, un resistere per fedeltà malate alle ignobili sirene del nuovo; e in questo librino, magnifica spremitura del suo genio, a fiatare è una memoria ancora viva e alta fra le strozzanti e voraci miserie dell'elettronico tutto, di questa rete appiattente e densa di cattiva solitudine:"Non cesserò di mettere in guardia i futuri lettori di questo opuscolino perché, volendo conservare la loro memoria verace, imparino a preservarla dalla E-memoria che va surrogando la realtà stessa, abbrutendo la gioventù e l'infanzia e , finché avrà distrutta e resa schiava la mente umana con tutti i suoi prodotti, non sarà sazia di divorare". Un esercizio di credo a se stessi nell'orrida fiumana che imperversa. La forza di un pensiero che ancora brulica e smuove contro le pulitissime gomme di schermi ultra precisi. Moralismo? E se anche fosse? Mandare a mente una poesia di Kavafis o dieci Salmi o un lontano appello di scuola o personaggi secondari incontrati in letture antiche è infinitamente più spronante e salvifico di mille facilitanti risposte che una protesi è in grado di offrire. Quest'uomo è un dono sempre, una guida di sogni e di storture.Imprescindibile Poeta, Vitamina C, come Ceronetti appunto.
L’opera di G. C., pur comprendendo pagine e materiali eterocliti: poesie, qualche romanzo, raccolte di articoli, saggi, aforismi, pensieri, pièce teatrali e molte traduzioni dall’ebraico biblico, dal greco, dal latino e da svariate altre lingue moderne, rimane nel panorama europeo un unicum culturalmente insolito e appagante, che il lettore conosce con inaudita e divorante curiosità. Una sua tappa successiva è il libro: “Per non dimenticare la memoria”, scritto durante un lungo ricovero in clinica. Nato — è da supporre — da una debolezza dell’uomo avanti con gli anni, ma che rischia in questi primi decenni del nuovo millennio di diventare, per colpa proprio della E-Memoria, un malanno dilagante: l’assottigliarsi della memoria (storica, precipua dell’Occidente) sino alla sua completa perdita. Be’, chi è già calato nello spirito della pagina di C., non avrà difficoltà ma ancora meraviglia a leggere questa zigzagante rassegna di coordinate della memoria italiana e mondiale; e chi lo affronta iniziando da quest’ultimo librino non potrà che trarne beneficio di passo in passo, anche a causa dello stile. L’incantata e saporosa scrittura ceronettiana, dopo qualche minuto di acclimatazione, dona ricordi di sussurrata memoria, dove il personale si intreccia con l’universale, la quotidianità con l’eccezione, l’abbozzo filosofico col profilo di un pensatore del passato, la pellicola cinematografica con il destino malato dell’uomo; una scrittura che sente il peso dell’esistenza nella sua tragicità incurabile, ma in questo attonito deserto spirituale crea oasi carovaniere di impensato umorismo destinandoci per “passione d’alfabeto” a proseguire molto oltre: perché “più evocherai bellezza più avrai rafforzato la tua memoria”. Il libro di un autore ormai novantenne è anche un repertorio minimo del suo vissuto, delle sue letture, dei sapienti — a partire dal misterioso Qohélet veterotestamentario — che compongono non di raro lo stupefacente spettacolo del suo paesaggio interiore.
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