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Angosciosamente triste. Quest'uomo era un mostro nel senso più ampio e completo del termine: aveva 47 anni e gli era appena nato un figlio quando scrisse in 11 giorni questo romanzo. Doveva essere uno dei momenti felici della sua vita e partorì questo dramma annunciato fin dalle prime pagine. Ho sempre considerato Simenon una persona esecrabile ma al tempo stesso morbosamente affascinante. E spesso ritrovi tutto nelle sue righe. Aveva un universo umano dentro e fuori che emerge dai suoi personaggi duri, coriacei, problematici ed emblematici attraversati da tratti e conflitti che li accomunano e che devono essere i tratti e i conflitti di Simenon stesso il quale, mi viene da pensare, potrebbe essere più grande dei personaggi da lui creati. È per questo che mi è venuta una gran voglia di conoscere meglio quest'uomo e scrittore sconfinato. Le persiane verdi si aprono su quella voglia di normalità borghese che lui per primo non si augura e a cui non si rassegna. Un grande scrittore che racconta con capacità e mestiere ma anche con empatia, senza dispensare giudizi.
1950 e un dramma esistenzialista in più nella galassia dei romanzi duri di Georges Simenon. Maugin, è Raimu…. Ma è anche Simenon, senza alcun dubbio! Va ricordato che il celebre autore aveva appena perso il suo più caro e fidato amico nel 1946. Scrivere un romanzo, non è forse un legame affettivo e dei più efficaci per tentare di fare rivivere i “nostri” cari defunti?..... L’alcol, il corpo che non si sopporta più, l’incidente stupido al Cap D’Antibes (un amo conficcato nel piede)….. ed il cuore malato. L’amore che cerchiamo (fino alla fine dei nostri “giorni”). Il bambino piccolo che c’è dentro di noi… Un personaggio che si potrebbe giudicare antipatico, detestabile. La corsa assurda delle giornate parigine ritmate dal cinema e le rappresentazioni teatrali….. il disgusto di se stessi. L’attesa piena di angoscia della morte. Con Simenon, l’Umano è radiografato fino all’osso.
Questo romanzo è la storia di un uomo, passato dalla miseria alla ricchezza, che fugge non sa nemmeno lui da cosa, ma che cerca disperatamente di dare un senso alla sua vita. Emile Mauguin è un celebre attore teatrale e cinematografico, idolatrato e temuto, un uomo che, venuto dal nulla e dalla fame, può ora disporre di tutto ciò che desidera, tranne che della serenità. E’ uno che prende, e se dà lo fa facendo cadere la sua elemosina come un dono del cielo, e perciò, proprio per questo, non ha in pratica amici, insomma è un uomo solo. Dopo diversi rapporti con non poche donne ha sposato una molto più giovane di lui, con una bambina che ha avuto da un altro uomo, e benché la moglie gli possa apparire fedele lui non ha perso l’abitudine di avere rapporti con altre, ivi compresa la cameriera; un altro vizio a cui si abbandona con eccesso, in una vita di tutta di eccessi, è il vino, quello rosso. La visita di un medico specialista, un famoso luminare, gli porta la ferale notizia che, nonostante lui abbia quasi sessant’anni, ha il cuore di uno di settantacinque e quindi se vuole avere la speranza di andare avanti deve necessariamente limitare o eliminare gli eccessi. Si accorge così che è tempo per fare un bilancio della propria vita, quello che prima saltuariamente gli riusciva in sogno immaginando di essere l’imputato di un processo i cui giudici erano tutte le persone che aveva conosciuto. In realtà questo è il frutto di una sua costante paura della morte e del desiderio, quasi inconsapevole, della pace dell’anima, simboleggiata da una casetta con le persiane verdi. Non si può tornare indietro, però, e si arriva così prima o poi al momento in cui ciò da cui si fuggiva, andandovi inconsciamente incontro, diventa vicinissimo e allora non ci si può sottrarre alla sconfitta, ci si lascia andare e tutto ha una fine e un fine, perché, come scriveva Ungaretti (Sono una creatura -Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916), “la morte si sconta vivendo”.
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