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Anno edizione: 2006
Anno edizione: 2015
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Tra i meriti del volume di Mondini, il principale è certamente la scelta di affrontare un tema, quello del rapporto tra le forze armate italiane e il nascente fascismo, poco approfondito, di recente, dalla nostra storiografia. Non accontentandosi di quelle interpretazioni che, sulla scia di Salvemini e di altri grandi dell'antifascismo italiano come Tasca, Salvatorelli e Lussu, hanno dipinto le tentazioni golpiste delle forze armate italiane con formule come "mano nera militare" o "congiura militare", l'autore mira a ricostruire l'importanza e il ruolo dell'esercito negli anni di crisi dello stato liberale. Il libro è ripartito in due sezioni, dedicate rispettivamente alla delusione dei militari all'indomani della Grande guerra e al rapporto tra esercito e potere politico. Grazie alla guerra i militari, che fino a quel momento non avevano mai goduto di grande prestigio nella società italiana, avevano ottenuto "il consenso delle folle, l'accondiscendenza del mondo parlamentare, il fascino di un potere discrezionale amplissimo (
) e la possibilità di decidere le sorti della patria", ma, pochi mesi dopo la fine del conflitto, la loro condizione sembrava nuovamente regredita. La grande influenza esercitata dal mito della "vittoria mutilata", il timore del socialismo e lo scarso ordine pubblico avevano poi spinto larghi settori delle forze armate ad abbandonare la tradizionale apoliticità per voltare le spalle all'Italia liberale. Ma, pur non negando il ruolo dei militari nell'ascesa del fascismo, Mondini ricorda come il rapporto tra l'esercito e il nascente regime non fosse stato sempre armonico, sostenendo infine la necessità di superare la teoria salveminiana del colpo di stato, e le sue varianti successive, che avevano attribuito all'esercito, o a parti di esso, un ruolo forse più attivo di quello realmente avuto.
Francesco Regalzi
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