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scheda di Minsenti, P., L'Indice 1995, n. 4
Un navigatore approdato da tempo sulle coste del Mar Rosso, a Port Sudan, dove, come Rimbaud, aspetta che si compia lentamente il suo destino di degradazione, riceve inaspettatamente la notizia della morte di un amico, lo scrittore A., suicidatosi dopo esser stato lasciato dalla sua giovane amante. Ritornato in Francia dopo venticinque anni per tentare di ricostruire l'ultimo periodo della vita dell'amico, ritrova una Parigi invernale, estranea e irriconoscibile, e la sua indagine sui sentimenti diventa anche l'occasione per un amaro bilancio generazionale, per ricordare "un'aspirazione cieca all'eroismo", messa al servizio di "ideali così ferocemente vetusti". Della ragazza scomparsa conosceremo solo la silhouette: diafana, sempre vestita di nero e con le scarpe bianche da tennis. Forse era una piccola-borghese con confuse velleità anticonformiste, emblema del nuovo mondo posticcio ed effimero che ha sostituito gli ideali del ventennio precedente. Resta un dovere nei confronti di A.: "dare al suo amore morto ma non sepolto una sepoltura di parole", e sarà proprio il navigatore, come un Rimbaud alla rovescia, a prestare allo scrittore le parole che forse lui avrebbe voluto scrivere.
L'amicizia sopravvive al silenzio, scorre muta per decenni, svaporando in ricordo; poi d'improvviso si distilla in due parole scritte prima di uccidersi: «Caro amico». E basta.
è una lettera sfigurata, come il poliziotto di Port Sudan che la recapita, quella che giunge nelle mani del protagonista. Transfuga da un mondo nel quale ancora si poteva essere eroi imbecilli, teneri e audaci, è fuggito a Port Sudan. Ha scelto la navigazione, come l'amico aveva scelto la letteratura (ma chissà se è vero, forse erano stati scelti, forse l'amico non è veramente morto, lui non è veramente vivo...).
«Caro amico» e basta. Per cercare di capire bisogna viaggiare a ritroso; bisogna tornare in Francia, in quella Parigi lasciata tanti anni prima, quando era finita la voglia di cambiare il mondo, quando si era smarrita la facoltà di credere e far credere. Sarà ora la domestica dal viso consumato e dolce come un vecchio sapone a raccontargli il senso di quel proiettile? O quell'infermiera che gli ricorda ombre di donne africane? Di certo non la portinaia dalle braccia come murene, ancora torva di rabbia perché il fato le ha sottratto tutto il bello, lo sparo, la polizia, il medico legale, il sangue: e lei non c'era!Insomma, perché s'è ucciso? Naturalmente per amore. E come avrebbe potuto continuarla, quella lettera?
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