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Ho molta stima di Barbero, ma questo libro mi lascia un po' perplesso. Di fronte alle stupidaggini di alcuni pseudo-storici neo-borbonici, l' Autore si è sentito di dovere di dimostrare come lavorano i veri storici, fornendo una serie impressionante di dati, con le rispettive fonti. Barbero è ovviamente riuscito a ridicolizzare le tesi neo-borboniche, ma lo ha fatto appesantendo troppo la narrazione, che, rispetto ai suoi altri testi, risulta meno scorrevole.
Il libro non è di facile lettura, va detto. Se qualcuno avesse letto altre opere di Barbero potrebbe non ritrovarvi la stessa freschezza e lo stesso piacere, ma credo che lo scopo primario in questo caso, più che quello di appassionare o incuriosire, fosse quello di porre l'attenzione sul metodo storico in relazione ad una specifica vicenda mostrando come a partite da un fatto ci si debba (dovrebbe) muovere alla ricerca delle fonti, scritte e materiali, alla lettura e al confronto delle stesse. Pur sapendo che le fonti in alcuni casi possono non essere sufficienti, sono l'unica risorsa (non a caso, potremmo dire, si chiamano "fonti") da cui attingere per provare a spiegare il passato... Se poi mi si dice che le fonti che abbiamo sono spesso scritte dai "vincitori" questo è spesso vero ed è proprio per questo che si cercano altre prove a conferma (testimonianze, prove materiali lavorando anche a fianco di altre discipline, etc) o disconferma. La storia, come le così dette scienze umane in genere, non è una scienza esatta, e proprio per questo necessita di un metodo rigoroso per interpretare l'oggetto dei suoi studi; in questo senso, dal punto di vista del rigore scientifico, mi pare davvero difficile criticare il lavoro di Barbero.
Da alcuni anni un gruppo di storici, o meglio pseudo storici revisionisti, ma che si potrebbero anche definire neoborbonici, sta cercando di minare la già poca coesione nazionale con una pretesa verità, secondo la quale ai soldati del Regno delle Due Sicilie presi prigionieri dai garibaldini e dai piemontesi sarebbe stata riservata un sorte non dissimile da quella degli ebrei vittime dell'olocausto. Ci sono state pubblicazioni al riguardo, ma anche una diffusione capillare su Internet, che ho potuto verificare di persona e che mi ha lasciato piuttosto perplesso. Dico subito che non ho preso per oro colato le asserzioni di questi revisionisti, ma, considerato quanto di strano può accadere nel nostro paese, mi sono detto che una simile accusa, i cui elementi probatori in verità sono assai esili, meritava un approfondimento onde accertare la sua fondatezza. La perplessità è derivata sai dai toni accesi, sia confrontando i vari interventi, con numeri e notizie non concordanti. Alessandro Barbero, per quanto piemontese, è uno storico capace e coscienzioso e ha ritenuto necessario effettuare la verifica, da cui è scaturito questo saggio che, essendo fatto di tanti numeri e notizie probatorie capillari, può riuscire di non agevole e particolarmente piacevole lettura; tuttavia l'opera ha il pregio di smontare, senza ombra di dubbio, la teoria revisionista. A Fenerstrelle furono rinchiusi temporaneamente pochissimi soldati borbonici, ma non come prigionieri, bensì in attesa di destinazione, e in ogni caso non vi trascorsero l'inverno e se vi furono dei decessi questi furono solamente quattro e per malattia. Quindi I prigionieri dei Savoia è assolutamente da leggere, e non solo per conoscere un aspetto della nostra storia spesso trascurato, ma per non dare il minimo credito alle tante e irresponsabili voci presenti su Internet.
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