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Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé - Duccio Demetrio - copertina
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Descrizione


Arriva un momento nell'età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un po' d'ordine dentro di sé e capire il presente; per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare. Quando questo bisogno ci sorprende, l'autobiagrafia di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma. Diventa scrittura di sé e alimenta l'esaltante passione di voler lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto. Sperimentiamo così il "pensiero autobiografico", che richiede lavoro, coraggio, metodo, ma procura, al contempo, non poco benessere.
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Dettagli

1996
1 ottobre 1996
230 p.
9788870784220

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Cristiano Cant
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L'arrivo di ogni inutile partenza per ogni inutile dove, l'Io. Non si sfugge al suo imperativo, ci si può mentire per una vita, immaginarsi altri in mille "sentieri che si biforcano" (per citare Borges); la tratta, anche se mescolata in altre che solo in apparenza la sviano, la tradiscono, rimarrà sempre quella. Siamo lì immersi nella preziosità di voli lontanissimi, e tuttavia il corpo resta sulla sedia e il pensiero sul foglio, al soldo di sua maestà la memoria. Una frase di Oliver Sacks in tal senso semplifica tutto: "Si deve cominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza memoria la vita non è vita. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire". Questo libro è un tuffo in quelle viscere instabili, nei segreti più riposti e negli incantevoli echi di qualcosa che è tempo risolto, immanenza precisa, un adesso periodico, eterno presente scandito sulla pagina. Le risonanze si perdono: Agostino, Proust, Canetti, Pavese, Kafka, Gramsci, per dirne sei che già da soli basterebbero a colmare una compagnia per il resto dei giorni. Una traversata interiore nel mondo della scrittura come specchio e coscienza di sé, la traccia di una voce restituita (e liberata) oltre le cortine del proprio grido frustrato, il mistero che si sveste e si dà, e che crea sapienza e bellezza nel gioco di destini malati, solitari, infelici, straordinari spiriti che, nel concerto di questa lettura, si possono solo amare. Quei ricordi "che non hanno data, ma solo stagioni" per ricordare l'ammonimento di Bachelard, quei semi nascosti in un poema che redimono come nessuna terapia può sognarsi; l'anfratto più oscuro colpito da improvvisi salvifici, questa è la grande lezione della memoria, lacci di cielo inquieto slegati finalmente dalle nocche della parola. Un floppy disk ha olfatto? Può anche darsi, ma sarà sempre gregario rispetto a un cuore che si spreme.

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Duccio Demetrio

0, Italia

Duccio Demetrio, filosofo dell’educazione all’Università degli studi di Milano-Bicocca, è da sempre attento osservatore della condizione adulta e dei suoi problemi esistenziali. Ha fondato e dirige la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e la Società di Pedagogia e Didattica della Scrittura. Tra le sue ultime pubblicazioni: Filosofia del camminare (2005), La vita schiva (2007), La scrittura clinica (2008), L’educazione non è finita (2009), Ascetismo metropolitano. L'inquieta religiosità dei non credenti (2009), L'interiorità maschile. La solitudine degli uomini (2010), Perché amiamo scrivere (2011), La religiosità della terra (2013), Ingratitudine (2016), e Foliage (2018).

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