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Sembra che Racconto d’autunno sia l’opera più riuscita e più nota, soprattutto all’estero, di Tommaso Landolfi, narratore laziale di certo fra i non più conosciuti, anche per una sua naturale ritrosia a essere parte di correnti letterarie, nelle quali in verità sarebbe peraltro difficile trovare una sua collocazione. L’aspetto saliente delle sue opere, e ovviamente anche di questa, è lo stile ricercato che non è un corollario, ma uno degli scopi, e senz’altro il principale, di ogni suo scritto. Anche un lettore non particolarmente attento potrà notare la ricercatezza del linguaggio, l’uso, mai inappropriato, di termini non frequenti, ma soprattutto un’impostazione che privilegia la descrizione di ambienti e di atmosfere con una precisione mai eccessiva e che anzi affascina, con proiezioni oniriche e con la capacità di ricreare una tensione che accompagna perfettamente angoscia e curiosità. Inserito in un periodo storico che, senza nominarla, ricorda quello della Resistenza, Racconto d’autunno è un’opera per certi versi visionaria, densa di metafore che un po’ ricalcano aspetti della vita dell’autore, ma che anche sono propri di ogni essere umano, per il quale la propria esistenza è già un mistero. Il castello in cui si imbatte il protagonista, un edificio ormai cadente alla cui scoperta dedica pressochè per intero il suo soggiorno, è una lunga sequenza di camere, di scale, di porte, di sotterranei, un labirinto da percorrere senza mai venirne effettivamente a capo. Cosa nasconde? Quale segreto si cela? Con pochi personaggi (il vecchio nobile, due cani, la giovane figlia che tanto assomiglia alla madre morta la cui immagine è impressa in un dipinto) il protagonista si muove in un’atmosfera gotica, in cui predomina il buio, é timoroso, ma curioso di conoscere, ossessionato da irreali presenze, di cui una scaturita da un esperimento di negromanzia. Il romanzo si sviluppa in 141 pagine in cui amore e morte si fondono mirabilmente dando vita a un’opera che attrae e respinge, attrae perché avvince nelle aspettative (che non verranno deluse) e respinge perché se il mondo descritto può sembrare del tutto estraneo al nostro è in effetti una sua immagine speculare, è quella parte che in noi è timore e sgomento, è consapevolezza dei nostri limiti e tentativo di superarli, è quel pensiero mai sopito della morte, è il flusso di domande senza risposte sul perché esistiamo. Leggere Racconto d’autunno rappresenta pertanto un’esperienza e richiede la massima disponibilità a lasciarsi rapire dalla descrizione di un mondo che ha anche risvolti surreali, ma che pagina dopo pagina riconosciamo come nostro, dove ogni elemento ha un suo ben preciso scopo e anche noi siamo parte di quello scopo.
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