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Il mio romanzo preferito insieme a "La pietra lunare" di T. Landolfi, gotico al punto giusto, claustrofobico, magico come lo stile dell'autore. Landolfi stesso, nell'ultimo periodo della sua carriera arrivò a rimpiangere l'ispirazione e la straordinaria malia delle sue prime opere, Nella maturità artistica lo scrittore perse gradualmente, come spesso accade, quella scintilla creativa che lo aveva contraddistinto, appesantendo ulteriormente lo stile narrativo sino a risultare stucchevole ed irritante, e anche le tematiche fantastiche pian piano sbiadirono e persero quel vigore evocativo così tanto pregnante in un romanzo come questo. Racconto d'autunno è per me vera pietra miliare del fantastico nero europeo, e non ha nulla da invidiare per atmosfera, tematiche e stile, ad opere di autori stranieri ben più famosi e popolari.
Dopo aver letto la recensione di Franca, non importa più acquistare il romanzo in oggetto, in quanto il suo commento è già, appunto, qualcosa di più di un "Bignami"...Praticamente, a parte il finale, che per fortuna ci risparmia, Franca ci dice tutto e come si può notare, è stata molto presa dal racconto. In effetti, io non avevo mai letto romanzi di Landolfi, che ritengo più noto come saggista, ma l'atmosfera cupa e misteriosa di questa "favola noire" mi ha preso, in quanto sono un appassionato di letteratura tendente dal grigio al nero...E proprio da buona favola noire, il suo finale non poteva essere diverso! La cosa che mi ha sorpreso veramente, è stato il linguaggio e lo stile usati dall'autore!
In “Racconto d’autunno”, che è il suo secondo romanzo, Landolfi dà prova della sua formidabile capacità di scrittura.Un libro venato di romanticismo, che svela almeno in parte, il temperamento malinconico e solitario dell’autore. Un libro a tratti “gotico”, attraversato dal senso dell’irreale e dell’ignoto, dove però è lo spazio tra i personaggi ad essere il motore del narrare. “Racconto d’autunno” è anche la resa di fronte all’impossibilità di raggiungere l’amore come unica libertà consentita agli uomini. In un periodo che l’autore non precisa, ma che è la seconda guerra mondiale, un partigiano in fuga si trova solo in una zona sconosciuta. Seguendo un sentiero finisce davanti ad una grande casa cupa e cadente, che pare abbandonata ma che è abitata da un vecchio che sembra celare un mistero. Il partigiano resta scopre che il vecchio vive nel culto della moglie morta, e che la casa nasconde sua figlia. La giovane gli racconta della grande passione dei suoi genitori dell’attrazione della madre per la magia e la determinazione del padre a richiamarla in vita dopo la morte. L’ospite e la ragazza sono attratti l’un l’altro, ma la casa viene attaccata da soldati...(A CHI NON VUOLE SAPERE TROPPO, CONSIGLIO DI NON LEGGERE OLTRE e di saltare subito al voto). Protagonista del romanzo è appunto un militare in fuga dall'esercito invasore che si trova costretto, come tanti, a vagabondare lungamente in zone selvagge lontane dai luoghi della sua residenza ordinaria. Proprio durante il suo peregrinare all’interno di un bosco giunge presso una casa, dove chiede accoglienza. Tuttavia dall’interno niente e nessuno accenna a rispondere alle continue richieste. Il militare non si perde d'animo e, spinto dalla fame e dalla stanchezza, tenta di entrare da una piccola finestra situata sul retro della casa, impresa non certo ardua, se non fosse per la presenza al suo interno di due feroci e minacciosi cani. Grazie al suo fucile riesce ad intimorirli, evitando di essere assalito, e finalmente ad entrare. Gli si fa incontro il padron
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