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Quintiliano non è solamente uno dei più importanti scrittori latini del I secolo a.C., un fine teorico dell'oratoria capace di fornirci preziose informazioni sul sistema educativo e sulla prassi pedagogica del suo tempo, ma è anche colui che si pose con convinzione al servizio del potere degli imperatori Flavi per formare in maniera efficace, organica e completa il nuovo apparato di governanti che sarebbero stati chiamati a reggere un impero sempre più vasto e difficile da amministrare. Il volume di Vincenzo Scarano Ussani, professore di storia del diritto romano a Ferrara e attento interprete dei fenomeni storico-giuridici del mondo romano, si occupa appunto di tale aspetto ideologico-politico del pensiero quintilianeo. In questo volume, dotto e insieme scorrevole, l'autore raccoglie il risultato della rielaborazione di alcuni suoi saggi e relazioni presentati nel corso degli anni e dedicati al Quintiliano "politico", al suo rapporto con il potere imperiale, al suo interesse per l'attività di correctio morum, l'azione moralizzatrice degli imperatori Flavi, al cui seguito egli si pose anche in nome della communis utilitas, che identificava con la volontà della dinastia e del suo primo rappresentante. Tale collaborazione risulta evidente nei testi esaminati nel terzo contributo, il più interessante, intitolato Tirannicidi senza tiranno?, in cui l'ostilità delle scuole di retorica nei confronti dei tiranni, resa esplicita da molte declamazioni di Seneca retore, diviene in Quintiliano semplicemente un motivo letterario, in cui la tirannide era temuta a parole, ma considerata soltanto un fenomeno astratto, senza identificare con la figura di un tiranno Domiziano, il princeps dominante: si tratta di una preterizione e di un silenzio che svelano alcuni meccanismi di autocensura messi in campo dagli intellettuali non solo romani nel corso dei secoli per sopravvivere e svolgere la loro attività all'ombra dei potenti. Andrea Balbo
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