Ricordi di un orfano

E' il racconto autobiografico che l'autore, tra i maggiori pittori napoletani dell'Ottocento, fa della sua difficile infanzia e giovinezza. Rimasto orfano di padre a sei anni e di madre a otto anni, viene affidato ad uno zio paterno, uomo triviale, che spogliò, legalmente, Gioacchino e i fratelli "di quanto ci avevano lasciato di proprietà i nostri genitori, appropriandosi lui, spudoratamente, della miglior parte di essa". Nel 1860 fu garibaldino in Molise, dove rischiò di essere giustiziato sommariamente da un gruppo di contadini reazionari, che parteggiavano per i Borboni. Divenuto un bravo pittore, difronte ad un dipinto che non riesce ultimare, dopo mesi di lavoro, ha una crisi di nervi, si dispera e riduce la tela in mille pezzi e carica una pistola per farla finita. Ma nel momento di mettere la cartuccia, ha un ripensamento. Scrive. "Oh, presuntuoso, oh vigliacco, io non avevo saputo vivere! Io, che avevo pure affrontate tante disgrazie, mi ammazzavo adesso perché non avevo saputo fare un quadro...Gittai via la capsula, e dissi fra me: - Ecco io vivrò come tanta gente, che col sudore della fronte, si procaccia, giorno per giorno, il suo tozzo di pane...Entrato così in una vita, non dissimile da quella di tante altre oneste persone, fo qui finire i miei ricordi, che ho scritto solo perché, leggendoli, mio figlio ne tragga esempio ad affontar con coraggio tutte le vicende della vita". Gioacchino Toma un grande uomo!