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Il sale - Jean-Baptiste Del Amo - copertina
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Il sale - Jean-Baptiste Del Amo - copertina
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Descrizione


Jean-Baptiste Del Amo, premiato nel 2006 come miglior “Giovane scrittore” di Francia. Nel 2008 è stato finalista del Premio Goncourt e del Prix Médicis. Paragonato a scrittori del calibro di Balzac, Flaubert, Suskind, Jean-Baptiste Del Amo narra della verità dei corpi e delle menzogne fondatrici delle famiglie.

“Un libro bellissimo. Irrinunciabile” - Valeria Parrella su Grazia

“Plauso a Del Amo capace di tradurre il disagio umano e il bisogno di pietà in una lingua sensuale e materica, sempre poetica” - Venerdì di Repubblica

Il sale racconta di un’unica giornata della vita di Louise e dei suoi tre figli, Jonas, Albin e Fanny. Vite legate e corrose dalla salsedine portata dal mare della cittadina francese di Sète. Col pretesto di una cena, l’anziana madre decide di riunire i figli nella casa paterna. L’attesa dell’incontro assume per ognuno le forme di un confronto definitivo. Il ciclo di un giorno si dilata nelle voci e nei ricordi dei protagonisti, fino a raggiungere la consistenza e la sostanza di intere esistenze. Ciascuno sprofonderà nel proprio passato e nei ricordi di una storia familiare problematica e misteriosa. Con una scrittura sensuale e materica, Jean-Baptiste Del Amo esplora temi essenziali come la morte, l’identità, il corpo e la malattia, la sessualità e l’omosessualità, la forza annichilente della memoria. Un’opera tanto giovane quanto impressionante che ha già la potenza di un classico.
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Dettagli

2013
1 settembre 2013
276 p., Brossura
9788896176153

Valutazioni e recensioni

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Recensioni: 5/5
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Lorenzo
Recensioni: 5/5

Un Romanzo notevole. Un'opera. Leggetelo. Potrà ferirvi, angustiarvi, lacerarvi. O bruciarvi come il sale in una ferita. Ma ma mai potrete dire che sia "brutto"!

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Gertrud
Recensioni: 4/5

Era tanto che non leggevo un romanzo così bello, così fluido nella scrittura e ricco nel contenuto. In un solo giorno, il giorno in cui l'anziana madre Louise invita a cena i suoi tre figli, si racconta la vita di questa contorta famiglia attraverso le parole dei singoli personaggi. Costante è la presenza di Armand, il papà scomparso, il suo condizionare fortemente la vita della moglie e dei suoi figli. A fare da sottofondo il mare. Ed i personaggi vivono nelle pagine del libro e ti restano attaccati addosso, proprio come il sale.

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Gabril
Recensioni: 5/5

Un romanzo perfetto. Uno dei giovani autori più interessanti della sua generazione. Da non perdere di vista.

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Recensioni

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Voce della critica

  Il pittore Joan Mirò diceva: "Puoi guardare un quadro per una settimana e non pensarci mai più. Oppure guardarlo per un secondo e ricordarlo per tutta la vita". Che lo leggiate in un pomeriggio d'un fiato, o lo beviate a piccoli sorsi in una settimana o un mese, Il sale di Jean-Baptiste Del rimane un capolavoro. Un romanzo in cui l'attesa si fa corpo, e il corpo si fa parole. Le sue parole, quante parole, moltissime parole, e bellissime, ruvide, bagnate, stregano il lettore che non può non terminare la pagina. Del Amo sfida la lettura con la sua frase ricca, larga e seduttiva, e si adopera a sezionare, impastare, diluire il tempo letterario mirabilmente, come pochi. Louise, una madre orgogliosa, distratta, illusa, ingiusta, innamorata e buona, semplicemente una madre ("Credo che questo faccia di me una madre spaventosa"; "Sono dell'idea che tutte le madri lo siano"), organizza una cena con i suoi figli ormai grandi e ormai distanti nel tempo: Fanny, Jonas, Albin. Il luogo è invece sempre lo stesso, poiché solo in quello strano universo-village chiamato Sète tutto questo può essere possibile. Sète e il suo mare governano e sfilacciano il tempo dei suoi abitanti fino a svigorire del tutto ogni resistenza, ogni speranza di libertà. Sète è la prima madre, la prima moglie, la prima esperienza con il senso di impotenza, la prima lezione di vita: "'Questa città non cambierà mai', pensò [Fanny]. Un senso di angoscia la strangolava". Sète è la profondità storica di tutti i personaggi le cui azioni quotidiane si succedono senza consapevolezza, come agite da un'ansia spasmodica per il tempo che scivola, e che li attira a questa "cena-scena". I gesti, i pensieri, i dispiaceri rintoccano di azioni passate, evocate con maestria dall'autore che fonde sapientemente récit e mémoire in un unico corpus affascinante. Ogni attimo dell'oggi è avviluppato, direi quasi avvinto, da un ricordo che invera via via il prezioso mosaico del garbuglio delle loro relazioni. Ma questa cena non è che l'escamotage, l'autore infatti non ne parlerà e il romanzo finisce appena prima, davanti la porta di casa e davanti la porta non ancora chiusa – si chiuderà mai? – delle ferite dei personaggi. Il sale è, infatti, la storia della ferita, dello "strappo originale", che ogni personaggio porta dentro di sé – la madre Louise, i figli Fanny, Albin e Jonas, il padre Armand – e più si avvicinano alla casa, e più questa ferita brucia perché la casa patronale è sale sulla ferita non ancora rimarginata. È sale per Jonas, mortificato dal machismo del padre. È sale per Fanny, abbandonata dalla madre. È sale per Albin, che ha vissuto la sua vita a immagine e somiglianza del padre. È sale per Louise, che non verrà mai capita. È sale il ricordo del padre-padrone Armand, la cui gracile umanità rivelata in sottotesto non sarà sufficiente per essere riscattato. Del Amo domina la sottile arte dell'affabulazione e lo fa incastonando in modo ponderato archetipi contrastanti: il machismo gretto di Armand e Albin con l'omosessualità intellettuale di Jonas, la maternità distratta di Louise con quella uccisa di Fanny. La terza parte del romanzo non a caso si intitola Isole uniche. Sono isole questi personaggi inarrivabili, non confinano tra di loro ma solo con il mare che il pescatore Armand ha deciso di portare dentro la sua casa. Eppure i sono accomunati, tutti, da questa ferita, da uno stesso guasto.   Angelo Molica Franco    

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Il sale di Jean-Baptiste Del Amo è il libro che ha vinto Modus Legendi 2018 e che ho comprato, incuriosita, per questo motivo.
Due parole sulla trama. Tutto si svolge nell’arco di una giornata: Louise, madre vedova invita i tre figli alla cena di famiglia. Ognuno si prepara a proprio modo. Tutti però indistintamente hanno momenti di introspezione, attraverso il ricordo della propria infanzia e ciò che li ha portati fuori casa. Ognuno di loro (Jonas, Albin, Fanny) è il risultato della reazione a una infanzia dominata da un padre violento (Armand) e una madre (Louise) che sbaglia, aspetta, chiude gli occhi e subisce. I figli, appena hanno potuto, si sono allontanati fisicamente dalla famiglia, senza prendere altresì la necessaria distanza mentale dal padre e/o dalla madre, senza darsi una possibilità.
Non entro nel merito del singolo personaggio, perché ciascuno è protagonista e la loro storia è il cuore del libro. Non potrei raccontare senza fare spoiler e togliere il gusto della lettura.
Trattasi comunque di una famiglia disfunzionale, individui ammaccati e forse rotti che non trovano il coraggio di fare il punto e confrontarsi, se non alla fine, con la famiglia e andare oltre. E continuano a perdere chi sta intorno a loro, ferire e farsi ferire da chi li circonda, ripetere errori di chi è venuto prima di loro.
Un romanzo sulle relazioni familiari. Tocca temi come la morte, la memoria, la malattia, la sessualità, la sofferenza, l’identità, in modo non superficiale, personale, profondo, affrontando le varie tematiche da diverse angolazioni, intessendole poi tra loro, dando loro sostanza.
Il sale fa capolino tra le righe, nei racconti di ciascun personaggio, con accezioni diverse. Sullo sfondo, prepotente, il mare, e la città di Sete.
Scritto bene, nulla da dire. Scrittura densa, accattivante, personaggi ben caratterizzati, reali che diventano via via familiari e finiamo per comprendere, ciascuno nel proprio percorso. Ma – santi numi – possibile che nessuno si salvi da solo? Il destino di ciascuno è davvero segnato e dettato dalle origini? Non è davvero possibile cambiare, dimenticare, perdonare, riscattarsi?
Ne consiglio la lettura nonostante alcuni passaggi mi abbiano lasciato un profondo malessere.
Questo libro è per chi è saldo sulle proprie gambe, per chi ha chiuso i conti con il passato, per chi crede nel detto “La cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare.” (Karen Blixen)

Recensione di Patrizia Carrozza

 

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