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Un riuscito miscelare storia e romanzo:storia la figura di Mengele e la banalità del male, come per altri gerarchi nazisti, storia la rete di complicità di chiesa e stati sud americani nel creare reti di nazisti in fuga, romanzo gli incubi notturni di Mengele e la paranoia del braccato. Al termine della lettura lascia smarriti per il cinismo e la perfida convinzione di essere nel giusto, per il bene della Germania e del proprio onore, avendo solo obbedito agli ordini.
Il libro di Olivier Guez, giustamente vincitore del Prix Renaudot, ci accompagna nelle tenebre di una mente oscura, preda di un’ideologia devastante, di un’assenza totale di ogni forma di pietà, di un’ossessione che lo conduce ad esperimenti atroci sui corpi di povere vittime, carne e sangue di vittime immolate sull’altare di una presunta scienza, mentre le grandi fabbriche dell’industria bellica tedesca tacevano, servendosi di uomini come Mengele per condurre la guerra totale contro il resto dell’umanità. “La scomparsa di Josef Mengele” è dedicato a quattro donne ebree italiane, vittime innocenti del furore ideologico e pseudoscientifico del loro assassino. Mai dimenticare, secondo il monito di Primo Levi, e questo libro importante ci aiuta a capire meglio un pezzo di storia nella quale i paesi latino-americani e i loro governanti, in Argentina, Paraguay, Brasile hanno avuto una parte non trascurabile. Josef Mengele, Klaus Barbie, Adolf Eichmann, Josef Schwammberger, Hans Ulrich Rudel, asso dell’aviazione hitleriana, sono tutti personaggi rifugiatisi nel continente sudamericano, vissuti per lungo tempo nel lusso, liberi, convinti che nessuno più li avrebbe scovati.
La realtà romanzata, senza particolari slanci narrativi. Imparagonabile con il capolavoro del genere, Dossier Odessa di Forsyte
Recensioni
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L’ultimo libro di Olivier Guez, un romanzo con venature un po’ gialle, intende far luce su un enigma: la scomparsa di Josef Mengele e la sua morte, dopo anni di latitanza, su una spiaggia brasiliana. Dell’“angelo della morte” nazista lo scrittore segue meticolosamente le tracce durante la clandestinità, piegando tuttavia la scrittura alla necessità di erigere un muro invalicabile di distanza emotiva dall’uomo anche nei momenti più bui della sua esistenza da fuggiasco. Guez non si sofferma mai, se non in poche dense pagine, sulle atrocità commesse. Il ricordo dell’orrore, che pure permea ogni pagina, resta sullo sfondo: il fuoco del lavoro di Guez si concentra sul dopo, sul periodo che intercorre tra la fuga di Mengele e la sua morte nel 1979, con un’efficace ricostruzione del contesto che gli ha permesso di sottrarsi per più di trent’anni alla cattura.
Inizialmente troviamo Mengele in Argentina che lavora come rappresentante della prospera azienda di famiglia e pratica aborti clandestini per giovani borghesi, godendo di un’assoluta impunità al pari di numerosi altri nazisti protetti dalle ambizioni geopolitiche di Perón. La svolta arriverà nel 1960 con il rapimento di Eichmann da parte del Mossad, a un soffio dal catturare lo stesso Mengele. Il vento è cambiato: passata la delicata fase di consolidamento dei nuovi equilibri post-bellici, il lavoro della memoria spalanca prepotentemente al mondo le porte sulle atrocità dei nazisti e da quel momento il nome di Mengele ricorrerà sempre più spesso sui giornali, costringendolo a una rigida clandestinità prima in Paraguay e poi in Brasile. Tuttavia anche il dopo non può ignorare la dimensione intima di Mengele. “Papà che cosa hai fatto ad Auschwitz?” gli domanderà il figlio ormai adulto nel loro drammatico incontro, l'unico momento nella vita dell'uomo in cui gli verrà chiesto conto delle sue azioni. Il giovane si scontrerà dolorosamente con la verità. Ecco che il criminale di guerra sfuggito alla cattura si rivela tra rigurgiti di autocommiserazione e tronfia ostentazione della missione di proiettare la razza ariana nell’eternità. Non un Caino errante schiacciato sotto il peso della colpa e neppure le scintille di una criminale seduzione o di efferata genialità. Nessun mistero e nessuna grandezza: solo un uomo meschino e ingrato, cristallizzato nelle sue paranoie, che si aggiunge alla schiera dei tanti esseri banali che hanno messo in moto gli ingranaggi dell’orrore.
Recensione di Luisa Gerini
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