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Nei decenni successivi la scoperta dell'America, il Mediterraneo cessò di essere il centro del mondo e fu ridotto per la prima volta ad un "mare interno", per quanto sempre di importanza cruciale per lo snodo dei traffici marittimi e lo scontro per la supremazia navale tra le grandi potenze. La lotta per il predominio economico e militare si spostò sugli oceani, mentre il ruolo del "Mare Nostrum" fu ridimensionato dalle rotte alternative scoperte dai navigatori portoghesi per aggirare il controllo dell'Islam sul Vicino Oriente, sul Mar Rosso e sulle vie di terra aperte da Marco Polo. Dopo la Battaglia di Lepanto, la Repubblica di Venezia e le potenze cristiane da un lato e l'Impero Ottomano dall'altro sembrarono rendersi conto che continuare una politica di espansione militare era inutile (poiché nessuna delle due parti possedeva risorse belliche tali da poter sopraffare l'altra) quando non dannoso, ottenendo soltanto di ridurre il Mediterraneo ad uno scacchiere geopolitico dal ruolo sempre più marginale. Fino alla metà del XVII secolo le due sponde del Mediterraneo parvero dunque aver appreso la lezione impartita loro dal secolo precedente. Poi, con la Guerra di Candia, l'improvvisa ripresa delle ostilità che sarebbe durata fino all'Assedio di Vienna ed avrebbe avviato al declino inarrestabile tanto Venezia e l'ex Impero di Carlo V "su cui non tramontava mai il sole", quanto la Sublime Porta, l'Impero Ottomano che aveva ereditato quello Bizantino e ne aveva rinverdito i fasti. Leonardo Sampoli, diplomatico ambasciatore d'Italia e profondo conoscitore del Mediterraneo orientale avendo annoverato Ankara ed Atene come sedi di servizio, propone una inedita lettura di quel periodo cruciale che vide il baricentro della storia spostarsi inesorabilmente dall'Europa e dal Mare Nostrum verso altri continenti ed altri mari, con il declino di imperi millenari ed il protrarsi di altrettanto millenari scontri di civiltà. Fino alla sconfitta di quelle civiltà stesse.
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