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Anno edizione: 2014
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E' sempre un piacere ritrovare Morse e il fidato Lewis in un classico giallo alla Dexter!!! La trama, come spesso accade con lo scrittore inglese, inizia con semplici elementi fino a ingarbugliarsi quasi all'inverosimile. Si sa già, quando ci si appresta a leggere un libro di Dexter, che non sarà una passeggiata: lo stile e la prosa sono perfetti, ma la struttura dell'indagine e i fili seguiti dai ragionamenti di Morse restano difficili da cogliere. Eppure è questo che rende i gialli dell'autore davvero eccelsi, perchè è lo sforzo induttivo ed inestigativo a spingerci a cercare di muoverci sugli stessi passi di Morse e Lewis. Alla fine, poi, tutto appare chiaro o, per lo meno, ovvio. I clichè tipici ci sono tutti (compreso lo svolgimento dell'indagine con doppie, triple o addirittura quadruple piste) e, nonostante ciò, non risultano mai ripetitivi; il tutto spruzzato con una vena di umorismo british che non gusta, soprattutto se accompagnato da elementi dialogici sapidi e dalla ricerca, mai estanuante, di intrattenere, da parte del narratore, un rapporto quasi diretto col lettore. Resta una delle piccole "pecche" di tutti i gialli di Dexter che, ormai, definirei come marchio di fabbrica: la risoluzione del caso un po' frettolosa, dove un minimo sforzo finale per collegare i fili intrecciati va fatto personalmente. In certi punti ci si perde e, a volte, sembrano affiorare piccole incongruenze. Ma nel complesso di tratta di un ennesimo ottimo lavoro di Colin Dexter. Consigliato, quindi, a tutti gli amanti del giallo deduttivo e a chi volesse trovare un piacevole passatempo letterario dove, ad ogni modo, serve un minimo sforzo interpretativo. Da leggere e 5 stelle sicure per un autore per me diventato una garanzia; quando inizio a leggere le sue pagine so già che non mi deluderà e, di questi tempi magri, in cui la letteratura è diventata troppo banale, ogni tanto si riescono a trovare scritti di pregevole fattura: Dexter assurge al podio meritatamente!
E' uno di quei casi in cui il piacere di ritrovare certi personaggi (Morse & Lewis) e le loro storie va oltre la vera e propria valutazione del libro... è come un ritorno, un assaporare, un piacevole ritrovo.
" Il segreto della camera 3 " di Colin Dexter non mi ha fatto saltare dalla gioia. La trama è fondamentalmente ottima, ancorché complicata, e lo svolgimento piuttosto farraginoso fino alla fine. Le prime quaranta pagine mi sono parse dispersive e didascaliche. Per contro la parte concernente l'inizio delle indagini - come ritmo e creatività - non è affatto male. L'ispettore capo Morse ed il sergente Lewis costituiscono una bella coppia investigativa e qualche personaggio è ben tratteggiato ( Ad esempio: Prior, l'addetto alla sicurezza della sede Esami Locali ). I dialoghi nell'ambito delle indagini sono interessanti e diversi brani piacevoli. Le "quotation " culturali, all'inizio dei capitoli, mi paiono del tutto superflue in un giallo e danno un certo senso di rococò letterario. Testo, a mio avviso, fluttuante quanto a qualità e stile, ridondante e un poco affastellato. Ci sono parti che mi paiono superflue. In fase di editing ci sarebbe voluta una seria potatura. Nell'insieme non mi è piaciuto, pur presentando delle pagine ben scritte e degli spunti interessanti. Da questo libro - é il primo di Colin Dexter che mi capita di leggere - non mi spiego come l'Autore possa essere assurto al livello di notorietà raggiunto. Dubito che ne leggerò un altro.
Recensioni
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Si capisce dal “tono di voce”, per così dire, dalla cura e meticolosità con cui imbastisce la sua trama, che Norman Colin Dexter, nato a Stamford nel 1930, è un anziano professore di greco. Ce lo immaginiamo immerso nella fitta nebbia inglese a sorseggiare il suo the mentre, con lente e morbide pennellate, tratteggia la cornice di quella che, sappiamo già, diventerà la scena del crimine.
La camera 3 dell’Hotel Haworth di Oxford è al piano terra della dépendance ed è una delle poche stanze pronte a ospitare le famiglie per la festa di Capodanno, nonostante il resto della palazzina sia ancora in fase di ristrutturazione. Il proprietario della struttura, il signor Binyon, un ex manovale favorito da un colpo di fortuna, ha deciso dopo il successo inaspettato del suo piccolo Hotel, di ingrandirlo. Il suo punto di forza sono i prezzi popolari e una grande fantasia nel progettare pacchetti turistici in cui gli ospiti vengono coinvolti nelle più svariate attività, dalla gara di freccette alle visite guidate. Ora che si avvicina il Capodanno, nonostante la fanghiglia e i rumori causati dagli operai, il signor Binyon e sua moglie non rinunciano a inserire nel programma della serata quello che ormai è diventato un must: il ballo in maschera.
Gli ospiti non mancano, su trentanove prenotazioni al 31 dicembre se ne presentano trentotto, solo un’anziana signora dà la disdetta a causa del maltempo. Le attività sono febbrili in tutto l’albergo, dalla cucina alla sala giochi e sicuramente l’avvenente signorina Sarah Jonstone, la bella quarantenne della reception, se la sera precedente non avesse esagerato con il Campari Gin, si sarebbe resa conto che qualcosa di insolito stava per succedere tra gli ospiti dell’Hotel. Qualche pedina fuori posto e una diffusa sensazione di disagio guastavano l’atmosfera del cenone di Capodanno e disturbavano la festa in maschera, ma la signorina Sarah era davvero troppo stanca e confusa per collegare tutti i volti, le sensazioni e gli avvenimenti strani accaduti quella notte.
Il problema di ricostruire gli ultimi istanti prima del delitto sarebbe ricaduto tutto, o quasi esclusivamente, sulle spalle dell’ispettore capo Morse. Era stato lui il primo ad essere allertato dal capo della Polizia locale quando, la mattina dell’1 gennaio, il proprietario dell’Hotel aveva trovato il corpo di un ospite, travestito da rasta man, riverso sul letto della camera 3, col cranio fracassato, in una pozza di sangue. Il soggetto in questione, goffamente mascherato, si era fatto notare durante tutta la festa, sia perché il suo costume era del tutto fuori tema rispetto alla serata, dedicata all’estremo oriente, sia perché era accompagnato da una donna succinta travestita da danzatrice del ventre.
La signorina Sarah Jonstone, durante il lungo interrogatorio al quale lo scontroso Morse l’aveva sottoposta, ricordava di aver parlato con entrambi e ricordava anche altre stranezze, tutte capitate ai pochi ospiti che alloggiavano nella dépendance. Eppure sembrava che nessun filo logico collegasse tutti i tasselli di questo puzzle. L’ispettore Morse la inquietava non poco. Con il suo sguardo tagliente e il suo atteggiamento perennemente stizzito aveva messo a dura prova la sua labile memoria, ma allo stesso tempo la ragazza apprezzava in maniera piuttosto evidente le battute di spirito, in pieno stile british, dell’ispettore.
Con una punta di acidità, presente nella tradizione del grande giallo inglese, e una bella misura di ironia, i polizieschi di Colin Dexter entrano con morbosità vittoriana nei piccoli segreti di famiglie ordinarie della più colta provincia inglese. E su questi misteri domestici ordiscono raffinati rebus. Enigmi classici che, non senza errori e false piste, risolve la fantasia geniale di Morse. Un personaggio affascinante e impietosamente caustico con la mediocrità, pronto a maltrattare chiunque, in primis il suo sergente Lewis.
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