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Prima di addentrarmi nella critica al disco, vorrei fare un'introduzione su quello che rappresenta un nuovo fenomeno artistico in Italia: il Gangsta Rap. Erano circa vent'anni che mi chiedevo come mai molte persone dai trascorsi del tutto normali, e provenienti da famiglie agiate, si fossero messe in evidenza nella scena Hip Hop italiana, con testi che scimmiottavano quelli di un 50 Cent, o di Snoop, e altri rappers con un passato da gangsters nel panorama americano. Ricordo un'intervista di una tv musicale romana, fatta ad un gruppo che stazionava presso il metrò Flaminio (Piazza del Popolo per intenderci, una delle periferie più degradate della capitale, con case fino a venticinque mila euro al metro quadro). L'intervistatore, forse immerso totalmente nel suo ruolo, parlava con questi "cattivi ragazzi" in un'atmosfera degna del documentario di Oliver Stone in Palestina, nel quale il regista intervistò, in un nascondiglio sotterraneo, degli estremisti di Hamas incappucciati, pronti a sacrificarsi per la loro causa. E negli anni, si saranno anche sacrificati, mentre, nel frattempo, il gruppo di Piazza del Popolo, è passato dal tentativo non riuscito di fare il Gangsta Rap, alle canzonette estive e alle parodie di vecchie hit, anche realizzate in modo molto simpatico. Ma il Gangsta Rap è "altro". Da qualche anno, sulla scena, assistiamo a personaggi più o meno improbabili, che scelgono il loro nomi di battaglia prendendo spunto da personaggi di gangster movie, che sanno anche costruire un rap elaborato, efficace, ma solo per quello che riguarda il modo in cui si presentano. Purtroppo, di vero non c'è niente. E questo andrebbe anche bene nel mondo dello show business dove, come nella politica, i personaggi indossano quella che i sociologi americani chiamano "una mascheria di ipocrisia" per presentarsi al loro pubblico. E ovviamente, in questo gioco, e nei messaggi sbagliati che ne derivano, ci cadono i ragazzini e le persone più sprovvedute. Pepy non fa parte di tutto questo. Ciò che lui racconta nei sui testi sono frammenti della sua vita vissuta, o considerazioni che derivano da essa, in un gesto di verità molto apprezzabile. Per questo sostengo che Sentimenti Negativi è la genesi del Gangsta Rap in Italia, perché prima di questo disco non c'è stato mai nulla di così vero da essere scomodo persino per molti personaggi nella comunità dei rappers che, da anni, avevano trovato il sistema per risultare credibili al loro pubblico, pur raccontando esperienze, al massimo vissute per interposta persona. Pepy e i suoi amici, e compagni di strada (Er Gitano, Ion), lo dicono chiaramente nel pezzo "A mani nude", invitando a un confronto vero tutti quelli che negli anni si sono mascherati da Gangsta Rappers. La mia sensazione è che questo invito non sarà mai raccolto. Per questo motivo io consiglio vivamente Sentimenti Negativi: sia per l'autenticità di Pepy e del suo messaggio, sia perché avrete l'occasione di essere testimoni, come me, della nascita del vero Gangsta Rap Italiano.
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