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Anno edizione: 2018
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“Centu uci e ‘n cuntu”. Cento voci e una storia. Tante voci che in una notte onirica, carica di nebbia e freddo e pioggia (elementi che l’immaginario collettivo non associa alla Sicilia, luogo di questa storia), tante voci di anime (fantasmi) si raccontano alla scrittrice protagonista, chiamata a trascrivere quasi sotto dettatura, in una piazza deserta: cosa fecero nella vita, perché soffrirono, perché e come morirono, spesso vittime dei loro uomini. Spesso ammazzate, colpite, stuprate, vilipese. E con una storia che sta a cuore a tutte loro: la storia di Adele, non anima ma vivente, che rischia di diventare vittima pure lei di una mentalità sconsiderata, di retaggi antichi come il dolore, ragazzina figlia di un tradimento e nata con la sfortuna di avere capelli rossi e occhi azzurri come il padre biologico. Adele che deve essere affrancata da questo pesante giogo, perché salvarla varrebbe un riscatto collettivo per tutte loro. Le storie si concatenano l’un l’altra, il testimone passa velocemente di voce in voce, da uno spirito all’altro, e questa maratona prosegue, sfinendo la protagonista che, a un certo punto, non riesce più nemmeno a scrivere. “Sentimi” è ciò che in Sicilia le persone si dicono per pretendere attenzione, scrollando l’altro per la spalla, come a dirgli “Ehi, tu, ascolta cosa ti devo raccontare”. Ma “Sentimi” implica anche una condizione più intima: “Portami dentro con te, capiscimi e capisci la mia storia, falla tua. Sentila. Sentimi.” Cosa che Tea Ranno è riuscita a fare magistralmente.
Come tutti i suoi libri, arrivo all'ultima pagina con dispiacere, perchè le sue storie mi appassionano e la sua scrittura evocativa mi trascina nella Sicilia che poco conosco ma che tanto amo. Affascinante come sempre la creazione dei suoi personaggi, queste donne che vogliono parlare per non essere dimenticate e vogliono essere "rivendicate dall'inchiostro" anche se dopo la morte. Tea Ranno non delude.
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