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Anno edizione: 2014
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Carrère ha un'abilità straordinaria a tratteggiare i particolari, ogni dettaglio è curato con le parole giuste, creando un'atmosfera vivida all'interno delle sue pagine. Ma più di ogni altra cosa ha un talento straordinario nel descrivere le sensazioni e i sentimenti, specie quelli più torbidi e reconditi, giocando sulle paure ataviche, sull'interiorità dei propri personaggi. Così è anche in questo romanzo, un noir "al contrario" che fa dell'ansia la sua arma di forza, perché tutto giocato all'interno della vittima indiretta. Il male ci viene raccontato tramite gli occhi di un bambino, Nicholas, tramite i suoi turbamenti, le sue pulsioni e fantasie. Ogni pagina scava sempre di più nel suo abisso interiore, dando una forma palpabile all'angoscia e alla percezione del male, contagiandoci a livello psichico e trasportandoci in un'atmosfera ansiogena ma magnetica, da cui è impossibile staccarsi fino alla fine.
La vita letteraria di Carrère è divisa in due, da una parte gli scritti da narratore puro, dall'altra quelli che Capote chiamava "romanzi-verità". La linea di demarcazione sta proprio in questi due titoli: L'Avversario, che segna il nuovo passaggio; La settimana bianca, punto culmine della sua attività narrativa. Ciò che spesso ho notato è che si è soliti giudicare questo autore solo in parte, accettandone solo uno stile letterario a discapito dell'altro. Naturalmente questa scelta è di carattere puramente soggettivo, c'è chi preferisce la sua scrittura di fantasia e chi quella "vera", in base anche a quelli che sono i propri gusti, e su questo alzo le mani. Ciò che però mi sento di affermare è - comunque la si veda - che siamo di fronte ad un autore dalla maestria indiscutibile. Carrère ha un'abilità straordinaria a tratteggiare i particolari, ogni dettaglio è curato con le parole giuste, creando un'atmosfera vivida all'interno delle sue pagine. Ma più di ogni altra cosa ha un talento straordinario nel descrivere le sensazioni e i sentimenti, specie quelli più torbidi e reconditi, giocando sulle paure ataviche, sull'interiorità dei propri personaggi. Così è anche in questo romanzo, un noir "al contrario" che fa dell'ansia la sua arma di forza, perché tutto giocato all'interno della vittima indiretta. Il male ci viene raccontato tramite gli occhi di un bambino, Nicholas, tramite i suoi turbamenti, le sue pulsioni e fantasie. Ogni pagina scava sempre di più nel suo abisso interiore, dando una forma palpabile all'angoscia e alla percezione del male, contagiandoci a livello psichico e trasportandoci in un'atmosfera ansiogena ma magnetica, da cui è impossibile staccarsi fino alla fine. Per concludere: non scelgo né il Carrére narratore, né il Carrére documentarista, ma scelgo il Carrére scrittore in toto, perché mi rendo conto di trovarmi davanti a una penna eccelsa che riesce a catturarmi in tutte le sue forme.
Quando arriva il momento di fare la prima lezione di sci, Nicolas si rende conto di aver dimenticato lo zaino nell’automobile del padre e si ritrova dunque costretto a rinunciare ai suoi effetti personali, poiché il telefono dell’uomo è irreperibile. Non resta che sperare che se ne accorga e torni indietro. Eppure qualcosa di strano aleggia attorno a Nicolas, qualcosa gli impedisce di partecipare alle attività con gli altri ragazzi: non ha gli sci alla prima lezione, ha la febbre prima delle successive escursioni e, quando tutto sembra finalmente passato, arriva una telefonata dalla madre: Nicolas deve tornare a casa. Ciò che più affascina di questo personaggio è certamente il lato debole e fanciullesco, nel quale ognuno di noi può rispecchiarsi. Tutti, affrontando viaggi in età infantile, abbiamo vissuto le nostre paure e il timore che potessero manifestarsi agli altri. Nicolas è debole e lo sa. Sa anche che gli altri lo sanno, ma ha paura che capiscano quanto lui sia debole. In questo misto di paura e angoscia Nicolas non trova pace neanche nel sonno, sempre disturbato da incubi e sonnambulismo. La caratteristica che più ho apprezzato in questo romanzo è la costante ansia. In sottofondo c’è sempre qualcosa di strano, si ha di continuo l’impressione che da un momento all’altro possa succedere qualcosa di irreparabile a Nicolas o ai suoi compagni. Carrère è stato bravissimo a gestire questa sensazione, che costringe il lettore a mantenere sempre alta l’attenzione e dunque non gli permette di perdersi o distrarsi.
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