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Ne " L'oblio", Debussy osserva acutamente che " certi morti sono davvero troppo discreti, e aspettano troppo a lungo la malinconica riparazione della gloria postuma". Così " quel monumento di gloria che fu Bach ci nascone Handel", sebbene nelle sue opere, "più numerose dei granelli di sabbia del mare, vi siano più sassi che perle". In effetti, un confronto diretto tra due qualsiasi delle opere strumentali dei due grandi autori sembrerebbe giustificar pienamente un simile oblio: in Bach, la profondità del pensiero si trasfonde spontaneamente nell'esteriore aspetto della scrittura; Handel, al contrario, sembra voler rivestire di umili panni sia i sassi che le perle. La Ciaccona in sol min. fornosce un esempio lampante di questo paradosso, insieme ad un altro più misterioso: l'ispirato incantesimo che, a partire dalla undicesima variazione, trasfigura la banalità delle prime otto, e le fa esplodere in un volo estatico. Essa sembra prender le mosse da un'emozione infantile, pari a quella generata dal suono di un carillon quando per sbaglio si schiude un vecchio cofano: al posto delle consuete figure retoriche, la voce acuta dà vita ad inflessioni melodiche su di un semplice salto di terza che sono infinitamente patetiche, tali da rendere questo uno dei luoghi più meravigliosamente irrealistici di tutto il barocco,materiati di quella sostanza struggente di cui son fatti i ricordi. Un interrogativo si impone: come abbia potuto una così grande potenza creativa scaturire dai modi ordinari del suo inizio, e in che modo, dopo aver convissuto accanto a comunissime formule, questa musica si sia elevata improvvisamente, mediante un solo passo, al livello della grande arte. In fondo, Claude Debussy, nell'intera parabola della sua opera, non si è chiesto altro, ed ha cercato, mediante la sua personalissima scrittura estatica,di demarcare la linea d'ombra che separa l'ingenuità dal capolavoro.
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