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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2013
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Taci. Non pensare. Lascia che il tuo fare teatrale sia la naturale prosecuzione del tuo senso di stupefatta impotenza. Carmelo Bene si "sdà", si abbandona al lato femminino del suo stare sulla scena, che è deliberata assenza, rinvio al desiderio che è nobile e immortale solo se inappagato, solo se inseguito invano, solo se appartenente al sogno. Questa autobiografia è un eterno rimando alla realtà che stava per essere, ma poi si è fermata. È un languido inno alla possibilità, che diventa poesia unicamente attraverso la sua negazione, la sua apparizione coperta dai veli del dubbio, che è tutt'uno con il lirico incanto della musica, dei suoni significanti privi del fardello del significato. La sua prosa tocca il suolo per un brevissimo istante, con la punta del piede, giusto per spiccare il volo, ed impedire, con un salto nel vuoto, che la causa miticamente ipotetica abbia un effetto banalmente materiale. La suggestione non ha peso. Arabesca l'aria con i suoi difficili volteggi, acrobaticamente modellati dalla complessità di un cammino che ad ogni passo dribbla l'ovvietà, la sequenzialità, per reinventarsi continuamente una fine intravista, e sempre mancata. Un vero artista non si racconta. Non può parlare di sé. Si diverte, piuttosto, a scribacchiare di getto sull'alone che sfuma i contorni della sua indefinibilità, sterile in quanto chiusa alla concretezza del mondo, fertile in quanto aperta all'assurdo della magia, della religione che, impunemente, crede in ciò che dileggia per la sua inesistenza. Lo spirito di quest'opera è un'ironia iconoclasta diretta contro la stessa irriverenza, volta a demolire i suoi osceni simulacri con l'arma di una raffinata, dissacrante adulazione. L'autore abbozza un ghigno, che si fa canto senza parole, (dis)armonia fonetica senza corpo, voce assoluta che corre via e si smarrisce. Mentre una mano si affaccia da dietro le quinte per salutarla, con ostentata noncuranza, guardandosi bene dal riacchiapparla.
Pseudo autobiografia del maestro. C.B. ripercorre poeticamente e ironicamente alcuni passaggi della sua vita. Meglio il "Vita di Carmelo Bene" scritto con Dotto. Consigliato comunque ai cosiddetti "beniani".
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