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La sovrana lettrice mi è piaciuto molto, l’ho trovato divertente ma anche pieno di spunti di riflessione. Non si parla solo di libri, letteratura e rapporto tra lettore e libro ma viene fatta luce anche su altri temi come la vecchiaia, la morte, la contrapposizione tra Elisabetta donna e Elisabetta Regina, umanità e Corona, svago e dovere, per non parlare delle riflessioni legate all’immortalità che ci concede la letteratura, alla paura di essere dimenticati e alla sensazione di “non essersi svegliati prima”. Un libro davvero ricco nonostante conti poco meno di cento pagine. Il finale è stato una chicca con quell’ultima battuta finale e la Regina Elisabetta è stata indubbiamente un personaggio interessante. Spero di leggere presto qualcos’altro di Bennett, probabilmente La signora nel furgone.
La passione della lettura nasce improvvisa e ravviva e vivacizza la vita della regina, rendendola al contempo più attenta ai vissuti altrui. Un ottimo ed ironico esempio per avvicinarsi al mondo dei libri e della cultura. Libro breve ma da leggere assolutamente, capace di strappare anche qualche risata oltre che far riflettere.
Per quanto mi riguarda, non avevo dubbi circa l’utilità di leggere, trovandomi completamente d’accordo con Umberto Eco. In ogni caso, “La sovrana lettrice” è molto di più che uno spot pubblicitario racchiudendo tra le sue pagine, in modo brillante, concetti profondi e dinamiche di potere. Poco prima del suo ottantesimo compleanno, la regina Elisabetta II s’imbatte casualmente nel furgoncino della biblioteca ambulante e, per educazione, accetta un libro in prestito dal signor Hutchings. Qui conosce Norman uno sguattero dai rossi capelli, lettore accanito, che la introdurrà al piacere della lettura. Ovviamente una sovrana non ha tempo per coltivare un hobby, così trova la scusa plausibile che leggere sia un dovere al pari di altri impegni quotidiani. Ben presto, però, la sua esistenza verrà trasformata e arricchita tanto da creare un forte imbarazzo nell’intera corte e in sir Kevin, suo segretario particolare, che la ritengono troppo presa dalla nuova attività, tanto da vivere in modo distratto gli impegni istituzionali. In un piacevole crescendo la sovrana si impadronirà del potente strumento, scoprirà di avere privilegi incommensurabili anche in campo culturale avendo a disposizione tutte le prime edizioni autografate dagli autori che sono venuti in contatto con la monarchia Britannica perché insigniti di onorificenze o, semplicemente, perché invitati a feste e/o banchetti e troverà il modo di applicare il nuovo strumento ad una conoscenza diversa dei suoi sudditi. Il finale a sorpresa, ma non troppo, ci proietta nel mondo dei desideri nascosti che ciascuno coltiva, compresa Her Majesty the Queen. Ho riso leggendo come non mi accadeva da tempo, una risata sommessa che mi ha riconciliata con la lettura e mi ha fatto comprendere come questa sia un esercizio da compiere piacevolmente con la maggior frequenza possibile, senza però trascurare di vivere.
Recensioni
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«Lei ha molto tempo per leggere?».
«Non proprio, Maestà».
«Nemmeno noi, sa. Anche se adesso che siamo qui,
immaginiamo sia il caso di prendere in prestito un libro».
“Tutta colpa dei cani”: inseguendoli nel giardino di Buckingham Palace, la regina Elisabetta si imbatte in una biblioteca ambulante che ogni mercoledì ferma davanti alle cucine. Unico frequentatore uno sguattero smilzo e pel di carota, Norman. Obbligata dal suo mandato a mostrare sempre interesse e a non provarne mai, prende in prestito un libro. E poi un altro. E un altro. E decine di altri ancora. Alla tenera età di ottant’anni, la sovrana diventa una lettrice, e man mano che la lettura la distoglie dai suoi doveri, il suo punto di vista sul mondo si incrina e la sua mente acuta si sguinzaglia a stuzzicare capi di Stato con incongrue domande letterarie, a prendere annotazioni pungenti su un taccuino e a compiere scelte che appariranno scriteriate, e invece sono lucidissime. In questo romanzo breve la satira sociale di Alan Bennett prende un contegno regale, che la rende ancora più pungente ed esilarante del solito.
Recensione di Francesca Vaccaro
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