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Una storia raccontata in maniera molto intimistica da Zombie. Per questo, probabilmente, così odiato/amato. Dal canto mio, l'ho trovato un film claustrofobico ed angosciante. Alcuni passaggi grotteschi che esulano dal "genere" non mi fanno gridare al capolavoro, anche se hanno perfettamente senso nell'economia del film (tranne la scena del nano, che proprio non ce l'ho fatta a farmela piacere). Qualche forzatura nella sceneggiatura, ma tutto sommato trascurabile. I lati positivi, le ambientazioni, la fotografia, la costruzione delle inquadrature, sono di gran lunga superiori. Nel complesso molto bello.
La fotografia, la cultura psichedelica e il mondo underground sono ben rappresentati dal film, ma nonostante ció non raggiunge le pretese del regista. Un’occasione perduta.
Ogniqualvolta si pronunci il nome Rob Zombie emergono i denigratori con i consueti capi di imputazione ai suoi danni: troppo derivativo, troppo convinto di poter coprire con eccessi di scurrilità o truculenta le lacune di una poetica incompiuta, troppo compiaciuto. The Lords of Salem forse non li dissuaderà ed è lungi dal risultare quell'opus magnum che dal regista metallaro si attende in ogni occasione, ma rappresenta uno scarto importante, una svolta che non può passare sotto silenzio. Affidandosi per la prima volta completamente al corpo filmico della moglie (bellissima) Mrs Sheri Moon, R.Z. firma la sua opera più ambiziosa; Le Streghe di Salem sonda la profondità della bellezza del demonio, iniettando forti dosi di gotico americano in una visione della Bestia che richiama l'incubo di Polanski e l'eterno spettro della family di Manson, transitando presso il Lucifero di Anger. Come il parassita che si accanisce su una ferita ancora in suppurazione, così Zombie insiste, fino in fondo, sull'atmosfera generata da un'inquietudine senza fine, percorrendo come una novella Dorothy quella scia di sangue che, dai roghi puritani del XVII secolo fino a Bel Air, è parte integrante della contraddittoria storia d'America. I momenti di puro orrore non mancano, ma la naiveté de La casa dei 1000 corpi, in cui prevaleva la volontà di riempire lo schermo di mostri e caricature del passato glorioso del gore, ha lasciato il posto a un nuovo Rob Zombie. Rarefatte ma saggiamente distribuite le sequenze di puro orrore, mentre a prevalere sono l'inquietudine costante e una deriva visionaria e allucinata, che ha forse il difetto di aprire all'eccesso gli occhi sull'operazione di Zombie, denudando gli ingranaggi della macchina. Ma che dice molto sull'evoluzione stilistica di un autore da cui passano necessariamente le sorti dell'horror futuro. Un instancabile cantore del Male di cui seguire le mosse, passo dopo passo.
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