1. Il diritto penale internazionale appare frutto dell’integrazione tra sistemi giuridici: le strutture dell’illecito e della responsabilità penale, consolidate in autonomo ordinamento, assumono una pretesa applicativa tendenzialmente ubiquitaria. Si impongono rinnovati metodi di analisi, interpretazione e costruzione della materia. In ogni caso vanno superati i tradizionali confini del diritto penale nazionale in una visione più ampia e generosa, rivolta alla comunità internazionale. Atteggiandosi come tecnica di tutela coercitiva a servizio di interessi universali, il sistema penale internazionale punta a proteggere diritti inalienabili della “persona”, come il diritto alla vita, alla libertà personale, all’integrità corporale e sessuale, alla dignità e all’autonomia individuale, all’identità culturale, etnica e religiosa di singoli e gruppi: diritti che, per il loro rango, reclamano difesa a prescindere dal luogo ove la vittima si trovi, in forza di norme intese a presidiare un corredo di intangibili prerogative dell’individuo, singolarmente preso o quale membro di formazioni collettive. 2. Per assumere efficacia il diritto penale internazionale postula l’edificazione di una giustizia penale internazionale, intesa come complesso di norme, organi e procedure per l’accertamento della responsabilità e per l’esecuzione della pena. Si registra così l’istituzione di tribunali internazionali che, grazie a uno strumentario giuridico concordato tra gli Stati, amministrano la giurisdizione criminale. L’esempio più importante è certamente la Corte penale internazionale permanente, con sede a L’Aja, retta dal cosiddetto Statuto di Roma. L’esigenza di fondere culture giuridiche diverse e la non compiuta elaborazione di un corpo stabile di princìpi segnano difficoltà nel lavoro di tali istituzioni, indicando la necessità di uno sviluppo teorico e legislativo che ne consenta l’evoluzione, anche nell’ottica di un possibile – e per alcuni auspicabile – futuro ampliamento della competenza della Corte penale internazionale, estesa a nuove figure di illecito. Si tratta di intraprendere un’analisi che punti a chiarire: a) le strutture “universali” o “transnazionali” della norma penale; b) le strutture “universali” o “transnazionali” del crimine e della corrispondente responsabilità; c) fattispecie e sanzioni a tutela di diritti e interessi “universali” della persona o del gruppo cui essa appartenga. Occorre, in altri termini, individuare strutture fondamentali che si offrano come base essenziale – in un certo senso, come “vocabolario” – di un diritto penale affrancato dalla dimensione statuale. Vanno quindi enucleati i princìpi portanti della materia penale, prendendo in considerazione: – il principio di legalità (fonti, formulazione e applicazione della norma penale); – il principio di offensività (funzione del diritto penale internazionale come strumento di protezione di beni giuridici; definizione del livello basilare di ‘offesa che legittimi la pena); – il principio di personalità della responsabilità penale, che prescrive la necessità di ricondurre il fatto generatore di responsabilità alla sfera di effettiva appartenenza ad uno specifico soggetto, dal punto di vista sia materiale (per la “personale” dominabilità del fatto oggettivamente inteso) che psicologico (per la riprovevolezza del fatto nei suoi coefficienti soggettivi). Definire, nei termini precisati, le strutture fondamentali del diritto penale risultanti dall’integrazione tra sistemi giuridici esige in definitiva la costruzione di quel che può dirsi, con George Fletcher 1, una “grammatica” o un lemmario penale, nei quali fissare le comuni acquisizioni dei contenuti strutturali della norma e dell’illecito penale, nonché dei princìpi cui sono sottoposti: tracciando così le premesse di un diritto penale autenticamente universale.
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