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Un quadro che strega passato e presente, una laguna che sembra avvolgere il lettore tra le sue spire malinconiche, amori spacciati sin dall?inizio: questi gli ingredienti principali del romanzo. Costruito su rimandi tra passato e presente, si estremizza, in modo fantasioso, il concetto che il presente tragga origine dal passato. La prosa raffinata e colta lo rende un libro distante dagli standard moderni. E? preferibile leggerlo tutto d?un fiato per non perdere le connessioni tra le storie intrecciate. Da consigliare agli amanti dell?arte italiana e di Venezia.
Anch'io mi sono innamorato dello stile di Maurensig con La variante e Canone inverso. Purtroppo La Tempesta e' molto distante da quei due romanzi. Cosa manca? Manca l'ispirazione. La Tempesta sembra piu' una serie di appunti e pensieri su un romanzo da scrivere, che non un romanzo vero e proprio. Originale? Mah... L'originalita' va cercata nelle idee, non nella cornice e nella struttura: di queste, al lettore non gliene potrebbe importare di meno. E invece Paolo ha deciso di creare questo virtuosismo nella struttura, allontanandosi dalla semplicita' cosi' tanto da perdere la fibra stessa della narrazione. Come uno che invece di dipingere un quadro su una tela come tutti i mortali, decide di dipingerlo meta' sulla tela e meta' sul muro, e magari un pezzo anche sulla tenda. Ho sempre pensato che il virtuosismo fosse il rifugio dell'artista che non ha piu' ispirazione, e La Tempesta mi sembra un virtuosismo. Un esercizio quasi estremo come "se di notte in inverno un viaggiatore" di Calvino, interessante ma incapace di prenderti e portarti via come solo un vero bel romanzo sa fare. Come lettore, vuoi entrare nel romanzo. Ecco, in questo libro non ci entri mai. Lo guardi dall'esterno, con i suoi brandelli di trama, con la sua complicata struttura, poi lo chiudi e ti dici: "mah"... La bellezza di canone inverso non era nella struttura a scatole cinesi della trama, era nell'ispirazione, nel mistero, nel cuore. La Tempesta parla di un mistero che in realta' non e' un mistero, e senza il mistero, manca l'ingrediente essenziale. Nonostante tutto cio', nota all'editore: continuero' imperterrito a comprare i libri di Maurensig, anche quando scrivera' libri di ricette su piatti nascosti dentro piatti nascosti dentro altri piatti.
Il primo libro che lessi di Maurensing, La variante di Lüneburg, mi fece innamorare del suo stile e della sua mente. In questo libro, che esprime indubbiamente ancora una volta tutte le sue doti, c'è la storia, c'è l'idea e c'è pure lo spunto per un bel film. Unica nota a parer mio dolente, è una continua forzatura (soprattutto nelle prime pagine) di un esercizio di stile letterario poco finalizzato alla trama, quanto piuttosto a un'esposizione delle proprie capacità lessicali, intellettive e di affabile narratore. In poche parole: Paolo sei bravo, e non sono necessarie forzature atte a dimostrarlo. Libro consigliato.
Recensioni
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Nel suo ultimo romanzo, Paolo Maurensig ci fa penetrare ancora una volta con la sua consueta e manierata perizia nel mondo dell'arte e dei suoi misteri (e arte si può anche considerare la scienza scacchistica della Variante di Lüneburg). Questa volta è La tempesta di Zorzi da Castelfranco ad attirare il suo interesse. Riemergono i temi a lui cari del doppio, dell'incrocio dei destini, della vita come palinsesto, del gioco delle intelligenze, della bellezza. Ci troviamo nell'atmosfera rarefatta della Venezia filtrata dai viaggiatori anglosassoni (niente a che vedere con quella del palazzeschiano Doge, con le sue onnipresenti valigie e turbe turistiche), una Venezia da conoscitori e per amatori, dalle angolature inusuali, una città per happy few. Qui, tra fine Ottocento e inizio del terzo millennio si fanno eco, si rincorrono e si sovrappongono fin quasi a combaciare le vicende di due personaggi, entrambi immersi nei vapori della città lagunare per realizzare o concepire una propria opera d'arte: il narratore, nostro contemporaneo; un film tratto dal Carteggio Aspern, il celebre romanzo breve di Henry James; il personaggio fin de siècle Paul Temple, uno scrittore americano alla ricerca di ispirazione; un racconto con al centro un dipinto auratico. Entrambi i personaggi si innamorano di una giovane donna ed entrambi finiscono con l'essere calamitati dal dipinto di Giorgione. Paul Temple, in realtà, è un alter ego di Henry James e la sua storia ci viene presentata, nella seconda parte del volume, appunto come un racconto inedito, fortunosamente ritrovato, dell'autore delle Ali della colomba. Questo apocrifo, la parte migliore di questo romanzo dalla struttura en abîme, rivela un indiscutibile virtuosismo da parte di Maurensig, che riesce alla perfezione a imitare lo stile, le atmosfere, le moralità di James, con i suoi personaggi interessati all'arte e alla cultura, con le sue fanciulle americane dal destino segnato, con le sue mature donne-chaperon, con i suoi amori non consumati. Naturalmente, invece, l'amore dell'aspirante regista siamo nel 2003 e dintorni è un amore consumato: ed è proprio la donna dalla quale egli rimane folgorato, Olimpia, un'abilissima imitatrice di dipinti celebri, in particolare della Tempesta,a mettere il narratore, attraverso una serie di calcolate e predestinate coincidenze, sulle tracce dei manoscritti inediti di James, al cui centro, c'è, inevitabilmente, il misterioso paesaggio di Giorgione.
Ma il cuore del romanzo è consacrato al significato recondito del dipinto: nella prima parte se ne discute dottamente, in una sorta di cenacolo di devoti del pittore. Il gruppo, in cui si intrecciano con levità posizioni rosacrociane, alchemiche e massoniche, sotto la guida di un carismatico professore, approda a un'interpretazione ermetica, basata sull'acronimo vitriol, che ci invita a cercare nella profondità del nostro essere la pietra preziosa, la pietra filosofale. Parallelamente, negli inediti apocrifi di James, si giunge alla conclusione che il segreto adombrato da Giorgione sia quello del Sacro Amore e del potere spirituale della donna, messaggio questo come il precedente suggerimento ermetico rafforzato da una seduta spiritica in cui, a James e alla sua combriccola di émigrés americani con ibridazioni aristocratico-veneziane, si fa sentire, attraverso un fluido lattiginoso, la voce dello stesso Zorzi. Insomma, il fascino discreto dell'occulto. Con juicio.
Mario Marchetti
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