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Variazioni sul jazz. Critica della musica come merce - Theodor W. Adorno - copertina
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Descrizione


Il pensiero di Theodor W. Adorno è attualmente oggetto di un’importante opera di riscoperta al centro della quale si situa, accanto alla parte più squisitamente filosofico-teoretica del suo pensiero, la sua filosofia della musica. Anziché concentrarsi esclusivamente sull’analisi dei fenomeni più tradizionali e “colti” – in primis la musica classica – l’Adorno musicologo preferisce estendere la propria indagine a quelle produzioni popular legate all’ambito dell’industria culturale, tra le quali figura il jazz. In questo volume sono presentati per la prima volta in italiano i principali saggi sul jazz del filosofo tedesco, rivelatisi fondamentali per la nascita degli studi sul genere e per l’affermazione del campo di ricerca autonomo conosciuto come “Popular Music Studies”. Un’opera essenziale per comprendere la concezione di uno dei primi autori che ispezionò, spesso in modo fortemente critico, il jazz come materia di studio per il pensiero filosofico. Come affermava il celebre musicologo Richard Middleton: “Chiunque creda che sia importante studiare la popular music deve far proprio il pensiero di Adorno. Per quanto questa teoria si presenti a volte problematica, la sua forza è innegabile”.
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Dettagli

2018
15 novembre 2018
143 p., Brossura
9788857546919

Voce della critica

Storia di un’incomprensione. Il jazz secondo Adorno

di Arianna Agudo

Nel tracciare le differenze tra la cosiddetta musica “seria” e la popular music (in cui include anche la forma jazz), Theodor Adorno mette più volte l’accento sul diverso rapporto tra le parti e il tutto che vige nell’una e nell’altra. Se infatti nella popular music ogni dettaglio appare come inessenziale e per questo sostituibile e separabile dal tutto, nella musica “seria” esso è impregnato di una sostanzialità significante che lo lega in modo indissolubile alla totalità rivelando, simultaneamente, l’essenzialità delle parti rispetto al tutto e l’essenzialità delle parti come tutto perché, come sostiene l’autore, «il dettaglio contiene virtualmente il tutto e porta all’esposizione del tutto, mentre, allo stesso tempo, esso è generato dalla concezione dell’insieme». È proprio attraverso questa cornice relazionale che bisogna leggere le Variazioni sul jazz. Critica della musica come merce recentemente pubblicato da Mimesis (con la prefazione di Giovanni Matteucci e postfazione di Stefano Marino) dove vengono tradotti e raccolti, per la prima volta in italiano, sette saggi dedicati da Adorno alla musica jazz redatti tra il ’33 e il ’53.

Chi avesse consuetudine con il pensiero del filosofo francofortese può ben preconizzare i toni severi, perentori e tutt’altro che affabili con cui tratta l’argomento. Con un atteggiamento ottuso, provocatorio e a tratti irritante, coltiva metodicamente tutti i suoi pregiudizi per arrivare a formulare, come sostengono molti, «alcune delle più errate “sentenze” sul jazz mai emesse in tutto il Novecento». Come a volersi confondere mimeticamente con la materia trattata, anche la lingua sembra qui perdere la consueta eleganza e abbandonare quel rigorismo paratattico e aforistico (quella scrittura che induce il lettore a una sottolineatura fitta e quasi continua nella quale si lasciano intonse, per pudore, le sole virgole), per farsi più cedevole e apparentemente sollevata dall’ingombro del linguaggio filosofico. Dunque, il lettore che si avvicinasse alle Variazioni sul jazz alla ricerca di un’analisi prettamente musicale, resterebbe impigliato nella ristrettezza elitaria del suo ideologismo, proprio perché il tema “jazz” non può essere letto in modo absoluto, come momento parziale separabile dall’insieme, ma, come ogni opera “seria”, in quanto parte – o dettaglio – in continuo rapporto dialettico con il tutto. Il metodo interpretativo non può far a meno di doppiare il gioco di rispecchiamenti insito nell’intera impalcatura filosofica adorniana. In perfetta sintonia con la dialettica negativa, vi è dunque una continua tensione e azione reciproca tra le Variazioni e gli altri scritti, tra il “dettaglio jazz” e la “totalità sociale”, nello stesso modo in cui la musica rispecchia e si integra con il tutto perché, come scrive Marco Santoro, «nessun aspetto della realtà può infatti venir compreso […] in isolamento dagli altri»: isolare uno dei momenti sociali «significa “feticizzare” una parte per il tutto». Allo stesso tempo, sempre aderendo alla dialettica negativa, nessuna delle parti può essere trascesa o superata ma, in quanto elemento monadico che racchiude la totalità, va inteso come materia significante che vale “per sé” perché, dice Adorno all’inizio della Teoria estetica, l’arte «è per sé e non lo è, non coglie la propria autonomia se le manca ciò che le è eterogeneo».

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Conosci l'autore

Theodor W. Adorno

1903, Francoforte

Theodor Wiesengrund Adorno ha insegnato filosofia e sociologia all’Universita di Francoforte ed e stato fondatore e direttore dell’Institut fur Sozialforschung. Con Max Horkheimer e stato il principale esponente della cosiddetta Scuola di Francoforte. Tra le sue opere piu importanti, tradotte in italiano (e pubblicate da Einaudi):  Minima moralia (1954, 2003), Filosofia della musica moderna (1959, 2002), Dialettica dell'illuminismo (in collaborazione con M. Horkheimer, ultima edizione 2010), Il fido maestro sostituto (1969); Dialettica negativa (1970 e 2004); Introduzione alla sociologia della musica (1971); Prismi. Saggi sulla sociologia della cultura (1972); Teoria estetica (1975, ultima edizione 2009); Terminologia filosofica (1975); Beethoven (2001); Immagini dialettiche...

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