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Animali o bestie, anzi animali e bestie è quello che viene da chiedersi leggendo questi racconti da cui l’homo sapiens, per lo più, non esce bene, vera bestia in un campionario di esseri viventi in cui gli animali rappresentano un’atavica purezza, nell’uomo ormai da tempo definitivamente dimenticata. Tuttavia sono attribuiti a quattro zampe e anche a bipedi reazioni che sono tipicamente nostre, ma che hanno origini diverse, nel senso che le nostre sono quasi sempre frutto di un’azione in cui c’è un do ut des, una volontarietà che implica una relativa reazione. Anche noi ci vendichiamo per i torti subiti, dimenticando però che sovente ci macchiamo della stessa colpa; nell’animale questo non accade, perché nel suo comportamento non ci sono secondi fini. Ecco allora che la vendetta, per esempio dell’orsa, ha connotazioni diverse, è la reazione del tutto naturale di una madre a cui hanno sottratto il cucciolo ed è proprio l’orsa che dà il nome all’intera raccolta, questo vecchio plantigrado che fa un lungo viaggio per ritrovare il suo piccolo e per vendicarlo, in una battaglia finale che ha un dono cinematografico, nel senso che si materializzano le immagini davanti agli occhi del lettore. Di diversa tematica, ma non per questo meno bello è il commovente Serague, la storia di una mula bianca che lavora tutta una vita, cambiando più volte padrone, e che quando è ormai vecchia e inadatta a faticare viene venduta a dei macellai per una fine impietosa, quasi la metafora di alcuni anziani che quando non sono più in grado di dare vengono di fatto scaricati. E’ indubbio che il rapporto con la natura di Pardini sia paritario, nel senso che lui sia convinto, e mi trova d’accordo, di essere solo una parte dell’immensità del creato, in cui ogni essere vivente ha una sua funzione, ben delineata e insostituibile; in quest’ottica pertanto noi non siamo né più né meno degli animali, con questi però che, a differenza dell’uomo, non vengono mai meno al loro ruolo. Sta nel reciproco rispetto delle parti il segreto affinché l’equilibrio naturale non venga sconvolto, sta nella consapevolezza della precisa identità del proprio ruolo la chiave per interpretare e dare un senso alla vita, parti di un universo a cui noi siamo indispensabili, come indispensabili sono gli altri esseri viventi. Sotto questo aspetto Pardini ha pertanto una sua visione che non trova riscontro in nessun altro autore e che, partendo da un microcosmo dimensionalmente ridotto, è però estensibile all’intero pianeta, con un proprio il messaggio non legato a qualche cosa di ristretto, a un fenomeno endemico, ma ben più ampio nella sua universalità. Se nel leggere questi racconti, tutto preso dalle vicende notevolmente avvincenti non me ne ero accorto, adesso, a mente lucida, e a libro chiuso mi rendo conto di quanto pregnante sia l’insegnamento dell’autore, per nulla retorico, ma capace di scuotere la coscienza, di mostrarci come la nostra incrollabile fede di sentirci superiori a tutto e a tutti sia un vuoto atto di vanità, il risultato di un’inconscia frustrazione che ci porta a non rispettare nulla e men che meno noi stessi, fragili parti di una natura che ci illudiamo di soggiogare, venendo però inevitabilmente puniti per quest’atto di superbia. Il viaggio dell’orsa e gli altri sette racconti (per me il migliore è Il fratello del lupo, relativamente corto, ma dalla preziosa atmosfera crepuscolare) che compongono questa raccolta sono quindi senz’altro meritevoli di lettura.
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