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La scrittura di Manganelli è cosa rara: lucida, intelligente, tagliente e intensamente stimolante. Lo sguardo dell'uomo bianco sul grande corpo dell'Africa racconta qui la propria percezione di spazio e simboli, cogliendo cicatrici passate e potenziali, senza mai indugiare su metri occidentali. Un punto di vista imperdibile.
Nel 1970 Giorgio Manganelli ebbe modo di trascorrere alcune settimane nel centronord dell'Africa, fra l'Egitto e la Tanzania; un'esperienza per lui segnante, come dimostrano queste poche, ma intense pagine, che fece partorire allo scrittore una corposa mole di appunti di viaggio in seguito rimaneggiati e trasformati in questo intrigante taccuino. Manganelli era stato mandato nel Continente Nero insieme a un gruppetto di ingegneri per una spedizione industriale: l'idea di partenza prevedeva la costruzione di una superstrada capace di facilitare gli spostamenti in quella zona; mentre i tecnici facevano i debiti sopralluoghi, lo scrittore metteva insieme un reportage assolutamente sui generis, nello stile insomma di Manganelli: gli spunti concreti - gli incontri con gli abitanti del posto, i panorami, la vegetazione, l'urbanistica locale - sono ben presto abbandonati per lasciare spazio a riflessioni dalle quali emerge puntuale un vivo senso di colpa da parte dell'uomo bianco nei confronti della snaturata terra africana e della sua popolazione. Chiude il volumetto uno scritto di Viola Papetti, saggista e a lungo collaboratrice di Giorgio Manganelli.
Recensioni
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Nel 1970 Giorgio Manganelli viene ingaggiato per accompagnare un gruppo di professionisti per un viaggio in Africa lungo il tracciato di una nuova strada nella parte orientale del Continente che una multinazionale vorrebbe costruire unendo Il Cairo con Dar es Salam. Manganelli riceve l’incarico di «responsabile dello scenario». Ne esce fuori Viaggio in Africa (80 pagine, 7 euro), pubblicato per la prima volta da Adelphi, all’interno della collana Biblioteca Minima. Perché quello «scenario» non era stato mai pubblicato? Perché la strada non fu mai realizzata.
Manganelli dovette tornare due volte sul suo manoscritto per renderlo maggiormente aderente alle idee del committente. Ma, nonostante la revisione più ragionata, l’Africa per lo scrittore italiano appare come «scheggiata», con uno spazio «incontrollato e impercorribile», un continente «abitato ma inabitale» e dove l’uomo è l’eccezione. Manganelli nella sua relazione dà conto dello spazio africano, così diverso da quello europeo e così intriso di simboli arcaici che smontano tutti i cliché con i quali l’uomo europeo approda nel Continente. Il viaggio termina in Europa: ad Atene, al cospetto del Partenone. Qui Manganelli, con ancora negli occhi gli spazi africani, prova uno spaesamento, tipico di tanti autori di letteratura odeporica e comune in quanti restano segnati da certe esperienze di viaggio.
Recensione di Antonio Giordano
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