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Zebio Còtal - Guido Cavani - copertina
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Zebio Còtal - Guido Cavani - copertina
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Descrizione


È un contadino apparentemente astuto, violento e cattivo lo Zebio del titolo. Vive a Pazzano, sulle colline modenesi, con la famiglia di sei braccianti, che tiranneggia e maltratta: Zuello, il primogenito fugge di casa, gli muoiono un altro figlio, Bianco, e la moglie, e un terzo figlio, Pellegrino, scompare senza un motivo apparente. Zebio, assillato dai creditori e odiato dal vicinato, fugge nella natura sino a perdersi nel gelo dell'Appennino. "Zebio Còtal" non è una tranche de vie naturalista, è l'apologia di una disperata solitudine contro tutto e tutti, anche a prezzo della vita. Con uno stile magistrale, tanto nella descrizione lirica della natura, quanto nel cogliere il degrado dell'animo, Guido Cavani racconta l'ascesi in bianco e nero di un uomo torvo e spietato, a cui però alla fine il lettore presterà la sua solidarietà.
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Dettagli

2009
14 maggio 2009
241 p., Brossura
9788876381324

Valutazioni e recensioni

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lisab
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L'asprezza mondo contadino emerge con forza dal capolavoro di Cavani. Zebio Cotal è un rude contadino dell'Appennino modenese. in cui la cattiveria ha preso il sopravvento. Il libro racconta le vicende di Zebio e della sua famiglia segnate dalla miseria e dalla violenza. Un romanzo duro e poetico al tempo stesso che affascina e conquista.

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Emanuel Gavioli
Recensioni: 5/5

Questo libro racconta della terra in cui vivo: delle colline del Frignano, della sua gente, dei suoi cieli, delle sue costruzioni di sasso, della sua vegetazione. È quindi facile immaginare fin da subito il coinvolgimento che ho avuto. Ma c'è di più, sopra queste pagine c'è una storia densa di tristezza descritta con sincera e ammirevole poesia. Una vera e propria potenza letteraria che preme sul petto e toglie il respiro. Conoscevo Cavani di fama, ma mai avevo avuto l'occasione di leggere questo suo breve ma immenso romanzo, e ora che ho vissuto l'esperienza mi sento di consigliarlo vivamente a tutti; che siate di queste terre o no poco importa, quello di Cavani è un linguaggio semplice, evocativo, crudo, efficace e pieno di coscienza estetica.

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Toppi Alessandro
Recensioni: 5/5

Fissarla per bene, cedendo al nero degli occhi. Carezzarne la corteccia di pelle, irruvidita dal sole. Scorgere, alla carne, ferite tracciate dalla fatica. Sentir affannare stanchezza. Tornare al cupo di uno sguardo addolcito. Avere di fronte una bestia, avere di fronte Zebio Còtal: “Tirare, tirare sempre, con la frusta alle reni; farsi rodere dalla strada e senza mai arrivare a capire perché, per vivere, si debba sopportare tanta fatica”. Svilire una madre che è santa in silenzio, battere a cinta un figlio che è destino ammalato, ripudiare a bestemmie un paese che è covo d’invidie. Avendo nel sangue la rabbia e tra le mani miseria. Non mente Guido Cavani, non mente in questo piccolo capolavoro per-duto del Novecento italiano: la sua scrittura è vera quanto vera è la terra e la maledizione di ararla, aspettandosi grano, ricevendo gramigna. Si dimentichi, allora, l’onestà contadina, la bellezza cam-pestre, la fatica fraterna e si legga del tozzo di pane lucrato all’affamato in digiuno, del pietrame di polvere dissossato a colpi di zappa, della mano negata per fastidio al fratello in disgrazia. Così da comprendere, infine, che la bestia attentamente fissata, bastarda di rogna e tanfo di terra, non è più bestia del posto del mondo in cui Dio l’ha costretta randagia: “Il piazzale era ancora deserto; il ven-to continuava a frustare sibilando le case e gli alberi già nudi. Un cane, di pelo nero, attraversò ug-giolando il sagrato, con la coda fra le gambe e le orecchie abbassate; passandogli vicino allungò il muso e lo guardò un istante tremando, con due occhi sofferenti: una folata più violenta delle altre gli arruffò il pelo e lo fece scappare. Zebio afferrò con ambo le mani il cappello per fermarlo e se lo calcò in testa. Tutte le porte erano chiuse, non c’era un’anima viva, il borgo sembrava deserto”.

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Guido Cavani

1897, Modena

Poeta e narratore modenese. Autodidatta, fece svariati mestieri vista la difficile situazione economica della sua famiglia. Dopo la Prima guerra mondiale, vienne assunto dal Comune di Modena dove lavora fino alla pensione. Nel 1958 pubblicò a sue spese, in soli 200 esemplari, Zebio Còtal, unanimamente ritenuto il suo capolavoro. Nel 1961 il romanzo fu ripubblicato da Giorgio Bassani nella "Biblioteca di letteratura" di Feltrinelli, grazie alla riscoperta e con un'appassionata prefazione di Pier Paolo Pasolini. Scrive nella prefazione: ... sono pronto a scommettere che figure come quella di Zebio, della vecchia moglie, della figlia, del bambino che muore e certe primavere, certe nevicate dell'Appennino, sono tra le cose più solide e durature della narrativa contemporanea.

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