Romanzo, come è in genere nella scrittura di Isac Singer, che ti riesce a far annusare gli odori, a vedere i colori, a sentire le voci dei personaggi. Un panapticon sulle condizione degli ebrei in quegli anni in quelle zone polacche e uno scorcio (forse intenzionalmente polemico e propagandistico) sul sedicente "giardino dell'Eden" comunista della nuova URSS. Scritto con potenza immaginativa e preciso nei dettagli a tratti lo sento costruito ma la sapidità della narrazione riesce a coprire ogni altro intento che non sia il piacere di raccontare, e tu lo leggi coinvolto nelle povere drammatiche idealistiche disavventure di Nachman. La costruzione dei personaggi avviene non attraverso la narrazione delle loro espressioni psichiche ma attraverso le interazioni con situazioni in cui si trovano coinvolti. Bel romanzo ma non il massimo di Israel Singer che per me resta Yoshe Kalb
A Oriente del giardino dell'Eden
Mattes Ritter è un venditore ambulante che percorre dal lunedì al venerdì le campagne della Polonia barattando cianfrusaglie con cibo, pelli e qualche spicciolo. Per poi tornare al suo villaggio, alla sua capanna e alla sua famiglia per lo Shabbat. La capanna pullula di bambine accettate solo per rispetto alla volontà divina, e di poco altro. La moglie, Sarah, è stremata dalle gravidanze e dalle fatiche domestiche. Non ci si stupisce quindi che nella nascita di un figlio maschio, Nachman, Mattes riponga le speranze di una vita, deciso a fare del piccolo un dotto e stimato rabbino. Quando però Nachman viene sedotto da Hannah, e dalla sirena non meno potente del credo socialista, le speranze di Mattes cominciano a svanire. Ancora di più quando la bella, intelligente e avventurosa figlia Sheindel, che lavora come domestica a Varsavia, rimane incinta di un soldato russo, costringendo tutta la famiglia a trasferirsi nella grande città. Dove l’altra figlia, Reisel, incontra un destino ancora peggiore. A Mattes, chiamato a combattere nella Prima guerra mondiale, resta solo un desiderio, che si porta dietro scritto su un pezzetto di carta: alla morte, venire sepolto come un ebreo. Ma anche questa speranza finirà in una fossa comune. Nachman, diventato un agitatore socialista, finirà nelle prigioni polacche, e poi, rilasciato, inseguirà il suo sogno in terra sovietica, accolto a braccia aperte solo del Commissariato del Popolo per gli Affari Interni. Di nuovo arrestato e poi rilasciato con l’aiuto di Daniel, un leader socialista polacco, verrà alla fine espulso dal paradiso sovietico e si troverà a vagare nella terra di nessuno tra il confine russo e quello polacco. Autore di quel bellissimo affresco, indimenticabile per ampiezza di visione e intenti, che è I fratelli Ashkenazi, Israel J. Singer offre di nuovo il quadro di una comunità perseguitata, calpestata, ma animata da un fuoco segreto, da un fervore che motiva le azioni di ogni personaggio. Dimostrando ancora una volta una straordinaria conoscenza degli abissi della povertà, e del modo di pensare e agire di uomini prigionieri dei livelli più bassi della comunità ebraica polacca. Implicito nel racconto è il giudizio su chi permette a queste disuguaglianze e ingiustizie di esistere, in modo particolare degli ebrei prosperosi che vivono nello stesso villaggio della poverissima famiglia di Mattes.
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Testo in Italiano
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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GIULIANO ORTOLANI 12 maggio 2019
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Ho quasi completato l'acquisto delle opere di Singer da voi pubblicate. Il libro in questione dovrebbe essere fatto leggere nelle scuole medie o almeno nei licei a compendio dei testi di storia per fare conoscere tutta la sofferenza provata dal popolo ebraico continuamente dominato da dittature atroci. Non è solo lo stato di povertà di questa minoranza, perché anche nel secolo scorso le nostre popolazioni meridionali e non solo furono costrette ad emigrare in altre terre per bisogno, ma è la greve atmosfera di sospetto che la popolazione polacca e quella tedesca per non parlare dei sovietici avevano e creavano verso un popolo anticamente insediato e colpevole solo di esprimere una cultura autonoma e religiosa. 5 stelle più che meritate.
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Un romanzo che incatena alle pagine fin dall'inizio, creando vera ansia per la sorte dei personaggi. La famiglia Ritter, con tutte le sue sventure, è caratterizzata alla perfezione sullo sfondo dei luoghi e periodi più turbolenti della storia europea - la Polonia e la Russia a cavallo della prima guerra mondiale. Più che la tradizione yiddish dello shtetl l'accento qui è sul contrasto tra città e campagna, tra ricchezza e povertà, tra capitalismo e comunismo, e di quest'ultimo vengono impietosamente messi in luce tutti i lati negativi, da chi l'ha vissuto direttamente.
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