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Anno edizione: 2020
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Brillante, ispirato, poetico, Acqua salata esplora la complessità dei desideri, la voglia di affermarsi e l’impossibilità di farlo rinunciando alle proprie radici; è il diario intimo e sincero di una giovane donna che si è persa inseguendo i sogni degli altri e che decide di fermarsi a recuperare i propri, cercando in se stessa la forza di ricominciare, senza rimpianti.
“Quando il presente comincia a sgretolarsi, c’è spazio per scrivere il futuro”
La vita di Lucy è cambiata molte volte: con le sfuriate e le assenze del padre alcolizzato, con l’ansia e la pena per il fratello sordo, con la bellezza dei viaggi in Irlanda a casa del nonno. E sembra cambiare definitivamente quando si trasferisce a Londra, per studiare e per vivere lontana dalla provincia, libera da ogni legame. Ma appena laureata, Lucy volta le spalle a tutto: va in Irlanda, nel Donegal, nella vecchia casa che il nonno le ha lasciato. Si affida al cielo, al vento, al mare per ritrovare se stessa, e intanto la sua memoria si snoda in racconti brevi e impetuosi come corsi d’acqua. Rivive l’infanzia, il rapporto profondo che la unisce alla madre, gli amori sbadati, le grandi, fameliche ambizioni della giovinezza. Nella sua corsa verso l’età adulta Lucy ha scoperto ciò che non vuole essere. E sceglie di ricostruirsi altrove, su fondamenta fatte di ricordi.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“Adesso che sono adulta, trovo liberatorio poter chiamare le cose con il loro nome, estrarle dal mio corpo come fossero lunghe schegge appuntite e plasmarle in parole. Dare un nome alle cose dà loro forma e concretezza, e questo significa poterle prendere e portare via” (p.44) Lucy, l’alter ego della scrittrice, dopo una vita caratterizzata da vari dolori che si sono affastellati uno sopra l’altro, decide che la scrittura possa servirle come liberazione e catarsi: “Ho cominciato a pensare al linguaggio come ad un posto dove mettere ciò che si sente. Prima del linguaggio, tutto è confuso e coagulato all’interno” (p.41). Nella fanciullezza, infatti, il dolore non affiora in superficie, si è quasi “anestetizzati” dall’età, man mano che si cresce, entrando nella fase adolescenziale e poi in quella adulta, tutti i traumi però vengono a galla (“I bambini nascondono i sentimenti negli oggetti per tenerli al sicuro. Prendono manciate del loro dolore e le infilano nei recinti, nelle piscine e nei vecchi peluche come un tesoro sepolto. Poi, alle volte, da adulti, troviamo oggetti che racchiudono i nostri vecchi sentimenti”, p.41). Ne esce fuori questo romanzo potente e dirompente: un urlo di dolore e, al contempo, un inno all’amore viscerale materno che si articolano tra le pagine attraverso una struttura narrativa particolare, quasi fosse un flusso di pensieri. Le sensazioni emotive passano per una prosa che, utilizzando i cinque sensi, risulta quasi poetica. In una girandola di emozioni, la scrittrice, ci accompagna attraverso l’alcolismo del nonno e del padre, quasi fosse un destino ineluttabile di famiglia; a conoscere la disabilità del fratello; infine, ad entrare in punta di piedi nel difficile rapporto materno. Quasi ad abbracciare tutta la storia vi è la figura della madre che, di fronte a tutto questo dolore, alternerà, nel corso degli anni, altruismo ed egoismo. Madre amorevole cercherà, all’inizio, in ogni modo di non far pesare i problemi sui figli: “Quando io e mio fratello eravamo piccoli, mia madre fece un grosso pallone rosa con la gomma da masticare e ci tenne al sicuro là dentro, dove la lama della realtà non poteva affondare. Non la sentii dire parole come alcolizzato o depressione nemmeno una volta” (p.44). La ritroviamo poi anni più tardi, egoista ed egocentrica, correre da un uomo all’altro e comportarsi da adolescente in uno scatto di rivincita verso la vita, cercando di strapparle piccole porzioni di felicità (“C’erano sempre degli uomini tra noi, che ci reclamavano, ci tiravano per i capelli. Volevo solo starle vicino, senza nulla di strano o di non detto tra noi, ma sembrava che non fosse possibile”, p.239). In fondo “Tutte le cose importanti contengono il loro opposto” (p.30). Oramai destabilizzata, Lucy si sentirà sempre alla ricerca di se stessa, delle sue radici e di un luogo a cui appartenere: “Passo giorni a chiedermi che ci faccio esattamente nel Donegal. Sono attratta dalle cose difficili. Mi allontano sempre dalle persone che amo. Sono continuamente alla ricerca di qualcosa che non so esprimere, continuamente sradicata ed in fuga, mossa da un sentire astratto nel profondo della pancia” (p.48). Al contempo, però, non riuscirà mai ad avere un legame sentimentale stabile (“Non mi avanza niente di me. Non posso permettermi di dar via delle parti”, p.113). In fondo chi ha conosciuto l’abbandono avrà sempre paura di mettersi in gioco. In fondo non ci si scrolla mai di dosso il passato: “Credevo di essermi trasformata in qualcosa di diverso, ma le persone che ti hanno dato forma resteranno sempre con te” (p.246).
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