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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2012
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Pubblicato per la prima volta nel 1954, Gli addii è uno dei più celebri e discussi romanzi di Juan Carlos Onetti, un piccolo gioiello di scrittura e suggestione, che in poche pagine racchiude una storia e insieme un invito a farne parte.
«Gli scrittori lo onorano. I lettori non smettono di appassionarsi alla sua sobria eleganza. Perché Onetti è uno dei più grandi autori del Novecento» – Matteo Nucci
«Gli addii – romanzo che orchestra supposizioni sulla vita altrui e sull'altrui passato – è, in poche pagine, esemplare di ciò che la letteratura è, e fa, dal mito fino alle piattaforme social» – dalla prefazione di Chiara Valerio
Il protagonista è un uomo di mezza età, un tempo grande stella della pallacanestro, e ora malato di tubercolosi, che si trasferisce in un paesino di montagna per curarsi nel sanatorio locale. Si tratta del personaggio onettiano per eccellenza: un uomo dal passato sconosciuto ma glorioso, un uomo che ha perso tutto, compresa la voglia di curarsi. Il suo unico legame con il presente sono le lettere che ogni giorno riceve e passa a ritirare all'emporio. Ed è proprio il gestore dell'emporio a osservare l'arrivo dell'uomo e a interrogarsi, insieme al lettore, sul suo esilio volontario, finché l'avvicendarsi di due donne al suo fianco non stravolgerà la calma polverosa della cittadina. Accostato a capolavori quali La gelosia di Alain Robbe-Grillet e Giro di vite di Henry James, Gli addii si dipana con una prosa notturna e sapiente fra illazioni, sospetti e un colpo di scena finale.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Storia di un apparente triangolo, la cui ambiguità rompe la sonnolenta atmosfera di una località sanatoriale, su cui la morte incombe paziente, senza dramma. Il disvelamento è una breccia da cui finalmente fuoriesce il dolore. Racconto lungo più che romanzo. Un piccolo gioiello.
Mi sono chiesta perché questo Onetti piace. E mi sono anche chiesta perché non piace a me, e non è sufficiente liquidare la faccenda con un semplice de gustibus. Non mi era piaciuto La vita breve, allora ho optato per il romanzo breve, e non c'è nulla che non vada, apparentemente. La prosa è perfetta, pochi personaggi molto ben delineati, chiari pur nella loro cupaggine; ritmo da metronomo, luogo suggestivo, un'ombra di mistero e di ambiguità, un pizzico di morbosità; una piccola comunità che osserva, indaga, ipotizza, giudica e la trama non è banale, ma nulla di ciò che è scritto qui mi aggancia: una specie di 'effetto Buzzati'. Non lo so, non ci arrivo e sospendo il giudizio.
Il libro finisce e nel cuore rimane quel sapore di ciò che non ha sapore, rimane l'incanto per quello che non sapremo mai, per l'amore che non c'è, per il cuore che batte e sospira. Rimane la certezza di aver amato e la conferma che fu un amore provvisorio, senza sogni, con tutti quei punti di domanda come fossero scalini che portano ad una casa disabitata. Soli, una volta di più, orfani.
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