Tra i tanti romanzi di Steinbeck che avevo letto mi mancava questo, ed e' stata una gran bella sorpresa, anche rispetto alla migliore produzione degli anni 40 e 50. Forse, anche se e' uno dei pochi "a lieto fine" dell'Autore, e' probabilmente il piu' amaro e senza speranza dei suoi scritti. Negli altri c'era la vita terrificante degli emarginati sociali e psicologici nell'epoca della Grande Depressione, la loro persecuzione fisica (e non solo), la loro guerra per la sopravvivenza quotidiana; in questo la presa d'atto sconsolata del consolidamento del potere del "Dio Denaro" e del successo ad ogni costo nella societa' statunitense del dopoguerra. La traduzione di Luciano Bianciardi - l'unica che e' stata pubblicata, all'uscita del libro in Italia - che all'inizio mi pareva un po' datata, col passare delle pagine mi e' sembrata sempre di piu' attagliarsi all'ambiente e ai personaggi dello scritto. In alcuni passaggi, emozionante.
Al Dio sconosciuto
Romanzo "profetico" che prende il titolo dal discorso tenuto da san Paolo nell'Areopago di Atene, "Al Dio sconosciuto" fu pubblicato nel 1935 e tradotto da Eugenio Montale nel 1946. Racconta la storia di un contadino, Joseph Wayne, che lascia la vecchia fattoria del Vermont per traversare l'America e stabilirsi insieme ai fratelli in una fertile vallata della California. Le vicende, talora cruente, che si susseguono nella "terra promessa" raggiunta da questo indecifrabile sacerdote-colono, danno luogo a un quadro di sapore pagano - primitivistico - che Steinbeck ammanta di una luce sacrale.
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Anno edizione:2011
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ELISABETTA ZANIN 28 novembre 2016
Steinbeck in questa sua opera giovanile riesce a dare una idea del panteismo americano, in un'epoca nella quale il mondo naturale, la "frontiera", era solo qualcosa da addomesticare o distruggere. Nell'ultima parte si intuisce che non esiste un sistema di credenze unitario, ma ogni uomo ha il suo insieme ai suoi rituali codificati nel tempo.