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Grande scrittore questo Sebald, complessa e coinvolgente la sua scrittura, ricca di salti temporali, mancante sovente di una adeguata punteggiatura, tanto che il pensiero del protagonista spesso si sovrappone al pensiero dell’”io narrante”. Forse sarà proprio per questo che la narrazione diventa interessante, che il lettore segue con curiosità e anche un certo sgomento i viaggi di questo studioso errante, la sua predilezione verso le grandi costruzioni architettoniche, siano esse stazioni ferroviarie,fortezze militari, carceri; e spesso si domanda dove voglia andare a parare. Ma , a pensarci bene, queste grandi costruzioni furono concepite dall’uomo con una idea di perfezione, di razionalità, ritenendo che in tal modo fossero destinate a durare nel tempo. Ma non è così. Ed è proprio il “tempo” che interessa l’autore e di conseguenza il protagonista. Un tempo che non si dipana nella sua durata o nella sua consequenzialità ma spesso si cristallizza nelle stesse crepe delle strutture fortilizie studiate: un’ombra, un sospiro, un fantasma che lì è vissuto e ha sofferto. E’ un tempo che sembra girare a vuoto e su se stesso e che con un procedimento a ritroso ci conduce dentro al cuore di quell’Europa martoriata, distrutta dagli odi, dalle deportazioni, dalle repressioni. Il lettore apprende la storia di Austerliz quasi insieme a lui. E allora, quando la memoria sta ricomponendo i suoi tasselli, lo stile di Sebald diventa più asciutto, più sobrio, pur permanendo sempre quel procedimento associativo che fa passare da un argomento ad un altro senza soluzione di continuità. Qualcuno ha paragonato questo procedimento a quello di Proust. Non so, io non mi pronuncio su questo. Penso soltanto a quanto rimane in noi alla fine della lettura di questa storia così dolorosa e scabra. Il senso della memoria, di quei ricordi, di quelle immagini che riaffiorano intatte dalla coscienza che ha fatto di tutto per cacciarle indietro. L’uomo è impotente di fronte al tempo che distrugge, disintegra la sua razionalità, la sua velleità di essere perfetto. Il tempo sembra identificarsi in uno spazio, in un luogo, dal quale figure sbiadite nel tempo escono ed entrano, lasciando chi vive sempre più solo. Ecco allora spiegato perché al racconto si accompagnano spesso delle fotografie! Istantanee, flash che vogliono fermare disperatamente un tempo che è fuggito, che non è più
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