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“All’inizio i bambini amano i genitori; più tardi, li giudicano; mai, o quasi mai, li perdonano.” (Oscar Wilde, Il Ritratto di Dorian Gray) Questa è la breve storia di due donne anzi, più correttamente, di una donna (Mrs Kampf, la madre) e della pre-adolescente Antoinette (la figlia). Quello che colpisce e fa più male in questo breve racconto sono le frasi sprezzanti ed i modi umilianti che la madre riserva alla figlia e che rende la vita di quest’ultima un vero inferno emotivo, in un momento che si sa essere il più fragile e complicato passaggio verso l’età adulta: “E lasciami in pace, mi dai fastidio. Sei proprio noiosa, anche tu…>> e Antoinette non le aveva mai più dato un bacio, se non quelli del mattino e della sera, che genitori e figli possono scambiarsi distrattamente, come strette di mano tra sconosciuti” (p.18). Un inferno tanto che la figlia auspica di morire: “<<Vorrei morire…Mio Dio, fammi morire…mio Dio, Santa vergine, perché mi avete fatto nascere in mezzo a loro? Puniteli, vi supplico…puniteli, e muoio contenta…” (pp.34-35). Chi è l’essere umano madre? Una persona profondamente egoista la cui vita è incentrata su cose futili: l’ambizione e l’ascesa sociale per conquistare vestiti, gioielli, “ninnoli” ed arrivare ad un consesso che lei ed il marito definiscono di “magnaccia e vecchie puttane” (p.54) e se una persona si qualifica anche da chi frequenta, avete la cifra delle loro personalità. Il padre (Ms Kampf) non è da meno. Indifferente verso la figlia non ha però quella punta in più di cattiveria che, invece, caratterizza la madre. Amore negato, crudeltà emotiva e indifferenza caratterizzano la vita di Antoinette che, nonostante tutto, dimostra di essere una persona più matura dei suoi anni, come si percepisce in un pensiero verso la madre alla fine del libro: “Ma come si può piangere in questo modo per una cosa del genere… E l’amore? E la morte? Un giorno lei morirà… se n’è dimenticata? Anche gli adulti dunque soffrivano per motivi futili ed effimeri?” (p.73). Però si vendicherà e come se lo farà, con una rappresaglia colpirà la madre nel punto in cui le farà più male: l’orgoglio.
Questo romanzo è stato il mio primo incontro con la penna di Irene Nemirovsky e certamente non sarà l'ultimo! Il racconto ( nella splendida edizione Adelphi, in copertina rosa) si divora in brevissimo tempo, un po' per l'esiguità di pagine, un po' perchè lo stile dell'autrice e la vicenda raccontata non permettono in alcun modo al lettore di mettere da parte il volume. La storia è veramente semplice ed è basata su alcuni dei temi più cari all'autrice: primo tra tutti, il rapporto conflittuale madre- figlia, accompagnato dal tema dell'importanza delle apparenze e dell'ostentazione per l'uomo. Colpisce il fatto che nel romanzo manchino totalmente sentimenti positivi, elemento che la penna dell'autrice, rapida ed impietosa, dipinge sulla pagina con meticolosità. Delizioso! Da leggere.
Questo breve racconto stupisce per la sua intensità, essendo scritto in un linguaggio chiaro, limpido e senza fronzoli. In casa di Antoinette, ragazza di 14 anni appartenente a una famiglia borghese recentemente arricchita, sta per tenersi un ballo, organizzato dai suoi genitori proprio per fare sfoggio della nuova posizione sociale acquisita. L'organizzazione dell'evento è causa di grande tensione, proprio perché dalla sua buona riuscita dipende l'accettazione della famiglia dalla società “che conta”, in un mondo fatto esclusivamente di apparenza. Intanto le speranze della ragazza di fare parte del lussuoso evento vengono presto infrante, sua madre infatti mostra quasi di odiare la figlia per la sua giovinezza e intelligenza e la ostacola in ogni modo, segregandola in casa e negandole una vita sociale, mentre il padre si nasconde dietro una totale indifferenza. Antoinette è tristemente rassegnata alla sua condizione, ma decide di infliggere ai genitori un castigo che non dimenticheranno.
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