Era la prima volta che affrontavo un libro di Ian McEwan, autore amato da critica e pubblico, ma devo ammettere che questo libro non solo non mi ha convinto, ma mi ha anche annoiato da morire. La storia poteva essere raccontata nel giro di poche pagine, ma McEwan ci trascina stancamente in una serie di descrizioni minuziose e pleonastiche. Me lo sono immaginato, questo McEwan, come uno di quei logorroici "ingannatori". Ci sono i logorroici "manifesti", che parlano parlano parlano, veloci, gesticolando sempre, senza neanche fermarsi per prendere fiato: costoro ti ammazzano di chiacchiere sin dal primo istante e tu, non appena li vedi, sai già a cosa stai andando incontro. Poi ci sono i logorroici ingannatori, come quei vinelli che sembrano tanto leggeri, poi però ti alzi da tavola e ti ritrovi 'mbriaco fracio. Queste persone, manipolatrici e vagamente sinistre, sembrano tanto belline, tanto pulitine, tanto educatine, parlano spesso con una voce più bassa del necessario, come se ti stessero confidando la cosa più importante del mondo, a te e solo a te, facendoti dunque sentire anche un po' speciale, sono tranquilli, placidi, gentili. Ma non si fermano mai, mai, mai. Ti raccontano tutto, rispondono a domande che non hai mai posto, non sono di certo come tumultuosi fiumi in piena, ma possono diventare dolorosi e letali come la tortura cinese con la goccia d'acqua. Ian McEwan me lo immagino, appunto, così. Al senso di noia si aggiunge la vacuità dei (dubbi) riferimenti alla meccanica quantistica: è più che evidente che McEwen non ci capisca una benamata mazza di fisica e che però, a modo sua, ha avuto modo di sviluppare una concezione della meccanica quantistica da video su YouTube e/o da documentario New Age sul rapporto fra materia e coscienza, spazio e tempo e altri discorsi da cannoni rullati e fatti girare senza pietà. Qualche vicino di casa gli avrà spiegato uno o due concetti e lui li ha infilati qua e là, per fare il figo, blaterando inutilmente su cose che non capisce. Un po' come quei compagni di classe delle medie che facevano finta di essere intelligenti ripetendo le cose che avevano sentito dai più grandi, senza averle necessariamente comprese. Perso per perso, meglio un Paulo Coelho, sfacciatamente e spudoratamente spirituale, o meglio un film visionario delle sorelle Wachowski, anziché uno che si spaccia come il nuovo Henry James mentre in realtà è l'ennesimo bimbominkia. Ammetto che, da quando ho cominciato a cavicchiarmela con l'inglese, di solito preferisco leggere i libri degli autori AngloAmericani in originale. Era davvero da un bel po' di tempo che non leggevo un libro tradotto dall'inglese e, magari, la scrittura originale di McEwan è molto più spontanea e scorrevole. Sarà. Per il momento, però, non penso che mi riaffaccerò alla sua opera in tempi brevi.
Bambini nel tempo
Stephen Lewis, autore di fortunati libri per bambini, padre e marito felice, un giorno si reca al supermercato con sua figlia Kate, e mentre è intento a svuotare il carrello alla cassa si accorge di aver perso la bambina. Rapita? Uccisa? Fuggita? Ogni cosa intorno a lui da quel momento sembra precipitare. Il vuoto doloroso che lascia la sparizione di Kate dà il via a una serie di azioni e reazioni che porteranno Stephen a rivedere tutta la sua vita. Le sue tante certezze incrollabili si mostreranno deboli; abitudini e atteggiamenti mai messi in discussione riveleranno il loro lato piú fastidioso. Senza mai perdere di vista il suo protagonista, McEwan racconta il viaggio di un uomo messo di fronte all'inaccettabile, facendoci percepire la precarietà e la fragilità in cui viviamo, e nello stesso tempo restituendoci la nostra umana e indistruttibile speranza.
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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VITTORIA BORRACCI 20 maggio 2018
Ogni romanzo di McEwan è un'esperienza unica e preziosa. E' uno scrittore poliedrico che riesce a scrivere libri completamente diversi l'uno dall'altro, tutti straordinariamente belli. Bambini nel tempo non fa eccezione. E' una storia poetica, al confine fra il sogno e la dura realtà, che parte da un evento profondamente traumatico e finisce per essere una riflessione profonda sulla psiche umana.
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Carmine Alterio 20 maggio 2018
Il primo capitolo imbastisce una storia piuttosto sensata e interessante. Stephen, il protagonista, va a fare la spesa con la sua amata figlioletta di sei anni, che all'improvviso sparisce nel nulla, probabilmente rapita, e ciò getta nell'angoscia più profonda lui e sua moglie. Da lì mi aspettavo un sviluppo di una storia inerente a ciò che era accaduto, ma invece McEwan cambia scenario, inizia a far disperdere completamente tutta la consistenza della trama e, tra pedanti filosofeggiamenti sull'infanzia in tutte le sue sfumature e inconsistenti avvenimenti, il romanzo galleggia in mezzo ad astrazioni, che hanno anche la presunzione di voler ostentare qualche frase ad effetto qua e là. E' una lettura che mi ha profondamente tediata, l'ho trovata pesante, sia per lo stile di scrittura che per il contenuto.
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