I beati anni del castigo

Le atmosfere fredde e rigorose dell’istituto femminile nel quale il romanzo è ambientato, influenzano lo stile di scrittura dell’autrice, Fleur Jaeggy. Non avevo mai letto nulla di suo, e non posso dirmi proprio soddisfatto. Sarà un mio limite, ma non sono riuscito ad apprezzare questo romanzo forse anche a causa dell’assoluta mancanza di personaggi maschili; inoltre il tutto è narrato da una penna fortemente femminile. Tra queste pagine ho avuto l’impressione di essere un intruso.

Fondamentalmente un romanzo senza trama e senza storia e quasi senza personaggi. Assistiamo a un racconto frammentario e frammentato di questi anni di vita della protagonista all'interno di vari collegi in Svizzera. L'autrice cerca di creare delle atmosfere senza riuscirci, ceando solo fastidio nel lettore, che non riesce neanche a seguire il filo logico della storia, perchê infatti non c'è. L'unico pregio di questo libro è che è corto, almeno non sprecherete troppo tempo. Un'occasione decisamente mancata per qualcosa che si presentava decisamente meglio rispetto a quello che si è rivelato essere.

L'ho comprato a scatola chiusa (mi piaceva la copertina, da matti) e ci ho scoperto un'opera davvero ben fatta: scene di vita in un collegio femminile in Svizzera, filtrate attraverso gli occhi di una ragazzina che sta crescendo, ma sembra già sapere più di quanto la sua età dovrebbe concederle. L'autrice procede per periodi brevi, come per fissare in piccoli acquerelli diverse immagini insieme cupe e luminose, fosche e splendenti, come può essere splendente il sole di montagna che filtra attraverso le finestre di locali asettici. Non è un caso che le atmosfere mi abbiano ricordato quelle de La Montagna Incantata di Thomas Mann.